Nulla mi intendo di calcio, so solo che è uno sport molto seguito ove chi lo pratica ed eccelle viene osannato al pari di un Dio e guadagna cifre da capogiro. Ora si dà il caso che uno di questi fuoriclasse, Alessandro Del Piero, a seguito di un profumato ingaggio, decide di andare a giocare in India e per tale decisione riceve aspre critiche in quanto, essendo già ricco, avrebbe dovuto per il caso dei due Marò rinunciare all’offerta. Mi sembra una pretesa assurda, oziosa e frutto del desiderio di avere visibilità.
Nella deplorevole questione dei due Marò che ha interessato l’attuale Capo di Stato e ben tre suoi governi, l’unico che si è sentito talmente toccato moralmente e professionalmente di come è stata condotta la vicenda è stato il ministro degli Esteri Terzi che si dimise.
Riporto un passaggio del suo discorso fatto alla Camera all’atto delle dimissioni: «Mi dimetto in disaccordo con la decisione di rimandare i Marò in India. Le riserve da me espresse non hanno prodotto alcun effetto e la decisione è stata un’altra». E ancora ha insistito: «Da ministro ho espresso serie riserve alla repentina decisione di trasferire in India il 22 marzo i due militari, ma la mia voce è rimasta inascoltata. Mi dimetto perché solidale in modo completo con i nostri Marò e con le loro famiglie».
Dall’alto del Quirinale tale nobile gesto fu definito "gesto inusuale".
Terzi lasciò, mentre tutta la congrega continuò, con poca dignità, ad occupare la poltrone.
Per quanto succintamente riportato, al di fuori delle questioni economiche, credo che alla fin fine il giocatore abbia fatto bene ad accettare l’invito di trasferirsi in India, in quanto avrà modo di far conoscere qualcosa di buono specialmente sul piano professionale e forse anche sul lato umano; inoltre, essendo tra gli effettivi di una squadra di calcio locale, il nostro bistrattato Paese non avrà l’onere di onorare le fatture relative alla manutenzione di una cancellata come è successo per l’ambasciata d’Italia a Nuova Delhi.
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