E’ bastata una notte a Carletto Ancelotti per entrare di diritto nella leggenda del calcio (4/a finale di Coppa Campioni), tornare a far respirare sogni di gloria al Real Madrid, bistrattato negli ultimi anni dal mito blaugrana, e sedersi al tavolo insieme ad altri ‘grandi’: e’ l’ottavo tecnico che conquista la finale di Champions con due squadre diverse (Real e Milan), cosi’ come Happel, Heynckes, Van Gaal, Hitzfeld, Lattek, Mourinho e il compianto Boskov.
Il capolavoro tattico andato all’Allianz Arena e celebrato oggi sui giornali di mezzo mondo consente al tecnico di Reggiolo di uguagliare il record di Miguel Munoz (mitico allenatore del Real degli anni ’60) e Marcello Lippi, gli unici finora ad aver centrato quattro finali in carriera. Dopo esserci arrivato sempre alla guida del Milan (2003, 2005 e 2007), Carletto adesso ci riprova, cercando di fare centro con il Real. E al primo colpo, dopo i tre tentativi andati a vuoto con Jose’ Mourinho che adesso, scherzi della storia, potrebbe ritrovarsi di fronte nella finale di Lisbona.
Itinerante per scelta dopo gli otto anni a Milanello che gli hanno portato onori e gloria (2 Champions, 1 Mondiale per club, 1 scudetto), Ancelotti da ‘perdente di successo’ nel suo soggiorno juventino (due secondi posti), una volta smessi i panni di tecnico rossonero ha scelto la strada dell’estero puntando a rivitalizzare grandi club in crisi d’identita’: prima il Chelsea post-Mourinho, poi il Psg dei ricchi sceicchi. Dopo aver vinto con gli uni e con gli altri, la terza sfida era forse la piu’ difficile: ridare lustro e smalto al Real Madrid, ‘orfano’ di gloria e messo in un cantuccio dal quinquennio d’oro dell’odiato Barcellona. Ed e’ stato proprio questo l’aspetto forse piu’ importante dell’impresa di ieri, nata certo non per caso. E cosi’ adesso, a distanza di 12 anni, riecco il Real assaporare una finale continentale.
L’ultima volta era successo nel 2002, con la vittoria contro il Bayer Leverkusen ‘griffata’ Zinedine Zidane. Dopo di allora, solo delusioni e niente piu’. Ci hanno provato in tanti (Capello, Luxemburgo, Queiroz, Schuster, Juande Ramos, Pellegrini, Mourinho) ma c’e’ stato bisogno dell’italianissimo Carletto Ancelotti – che con la Coppa con le orecchie ha un feeling particolare – per rivedere i blancos lassu’.
La bellezza del suo modo di fare calcio sta anche qui: nel farsi voler bene dovunque abbia giocato o allenato (con l’unica eccezione di Torino). E’ venuto a Madrid e ha ricompattato uno spogliatoio di prime donne, trasformato Cristiano Ronaldo nel giocatore piu’ forte del pianeta, alleggerito di responsabilita’ mister 100 milioni Gareth Bale, mutato l’assetto tattico della squadra, dopo essersi attirato le ire di tutta Madrid con la cessione di Ozil in estate e la scommessa, vinta, di Di Maria, reinventato quarto di centrocampo e fondamentale nelle ultime uscite europee. Il Real Madrid ha insomma trovato finalmente la quadratura del cerchio con questo tecnico, italiano e vincente, che non lascia mai nulla al caso. Ieri notte, dopo l’exploit, in molti gli hanno chiesto il perche’ non avesse tolto Xabi Alonso, ammonito e sotto diffida, col risultato ormai in cassaforte. La sua risposta e’ stata tutto un programma: "Perche’ sul 3-0 la partita non era finita, e io lo so bene…..".
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