Da bambino mia madre portò me e mia sorella al Conservatorio di Milano: si era messa in testa, lei pianista brillante, che dovessimo imparare a suonare il pianoforte. Per potere accedere al corso di studi era necessario, anche per noi bimbi, superare un primo esame, il classico test d’ammissione. Quando toccò a me entrai in un’enorme stanza piena di luci e di ombre. Un pianoforte al centro. Il Maestro, non vedente, seduto poco distante. Altre persone attendevano insieme a noi. Arrivò il mio turno.
“Sai qual è il do centrale?”, mi chiese. “Sì”, risposi io senza nemmeno pensarci. “Fammelo sentire, suonalo”. Mi avvicinai al piano, cercai il do centrale ma non lo trovai.
Mi resi conto quasi subito che ne avevo imparato la posizione sul pianoforte di mia mamma, a casa, tenendo come punto di riferimento una scritta e degli oggetti posti sullo strumento che mi aiutavano a individuarlo.
Così, bambino, in Conservatorio suonai un tasto qualsiasi, sperando che fosse proprio quello giusto, ma sapendo dentro di me che stavo commettendo un errore. Non passai il test d’ammissione.
Alla fine, tempo dopo, mia madre mi iscrisse a scuola di chitarra classica, per un percorso di studio che durò sei anni, e ancora oggi la ringrazio. Ma il punto è che nei giorni successivi a quell’episodio la mia testa di bambino era rimasta ancora attaccata al ricordo dell’esame in Conservatorio. Capivo di essere stato troppo veloce, impulsivo. Presuntuoso. Avrei potuto rispondere no, che non sapevo quale fosse il benedetto do centrale, che ero lì proprio per imparare. E invece…
“SO DI NON SAPERE”
Sono cresciuto a pane, pasta e proverbi. Non mancavano le citazioni classiche. Così ero ancora un ragazzino quando imparai che Socrate, filosofo greco, ripeteva questa frase ai suoi discepoli: “so di non sapere”. Quelle parole, ripetute tante volte nella mia testa, mi hanno aiutato a capire che umiltà, curiosità e studio sono le basi della conoscenza. E, in non pochi casi, del successo.
Oggi, a 40 anni compiuti, mi rendo conto di avere sempre tenuto presenti le parole di Socrate. Al di là della mia impulsività e della mia arroganza, molte volte ho ammesso di non sapere, e subito dopo ho chiesto dettagli, ho fatto mille domande, ho cercato le fonti e i documenti per colmare le mie lacune. Ma quel bambino presuntuoso della mia infanzia mi ritorna in mente quando mi capita, e purtroppo ancora mi capita, di sentirmi troppo sicuro di me.
In questi giorni di festa, ritorniamo tutti un po’ bambini. Ritroviamo gli affetti. E i ricordi. Godiamoci questo tempo di qualità che non riusciamo a trovare nel corso dell’anno, presi da mille impegni da rincorrere. E mentre viviamo la nostra vita, non dimentichiamoci della lezione di Socrate ai giovani discepoli. “So di non sapere” è la porta per la conoscenza.
Buone Feste.
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