Nel turbinio della pandemia da Covid-19, il tanto auspicato “Brexit Deal” siglato a fine 2020 tra Regno Unito e Unione Europea è passato quasi in sordina. Eppure, sancendo il libero scambio e azzerando dazi e quote, è stato un grande regalo di Natale per le imprese europee che esportano verso il mercato britannico.
Nel 2020 il volume dell’export dai Paesi dell’Unione in Gran Bretagna si è attestato su 226.000 miliardi di sterline. In Italia, secondo le fonti del Ministero degli Esteri, le esportazioni verso il mercato anglosassone hanno superato i 22 miliardi di euro, il 5% dell’intero export, una percentuale di tutto rispetto per il Belpaese.
Grazie alla ratifica dell’accordo di Natale le 43mila aziende italiane operanti nei settori della meccanica strumentale, dell’auto e del food, dell’abbigliamento e dei prodotti farmaceutici hanno potuto quindi tirare un respiro di sollievo, tale da far sperare in un recupero, per il 2021, del calo dell’11,9% subìto nel 2020 rispetto al 2019, addebitabile allo shock pandemico.
Il disorientamento delle imprese dopo la Brexit
I primi mesi del 2021, tuttavia, con un ulteriore calo di 6,6 miliardi di sterline dell’export europeo verso l’UK, non sembrano aver colto i benefici del grande risultato negoziale tra Londra e Bruxelles. Sarà per l’aumento degli adempimenti burocratici comunque generati dalla Brexit, le code alle dogane e la confusione generale di questo primo periodo post-Deal, sembra che le piccole-medie imprese dell’Unione europea siano ancora preoccupate delle incognite derivanti da questa fase di passaggio.
Sono particolarmente sensibili a questa condizione di disorientamento le società di servizi europee che, operando nel campo dell’internazionalizzazione e della mediazione linguistico-culturale, sono diventate da alcuni mesi destinatarie delle più svariate richieste di informazioni e consulenza da parte delle imprese dell’Unione che cercano di ritrovare la bussola in questa importante fase di trasformazione post-Brexit.
“Il Regno Unito conserverà e anzi rafforzerà il proprio ruolo da protagonista del business europeo anche nel dopo-Brexit,” afferma Adele Nardulli, Founder & CEO di Landoor (www.landoor.com), la società di traduzioni e localizzazione milanese che dal 2017 è presente nel Regno Unito con un suo correspondent office.
“L’Inghilterra si è dimostrata all’avanguardia nella lotta contro il coronavirus, nella ricerca clinica e nella sperimentazione dei vaccini anti-Covid, e questo la riconferma quale indiscutibile punto di riferimento per la comunità scientifica internazionale,” continua Nardulli. “Si consideri poi che, grazie al successo della campagna vaccinale, il Paese d’Oltremanica sta uscendo dalla pandemia prima di tutti i Paesi dell’Unione europea e diventerà con ogni probabilità un mercato molto appetibile e interessante in tutti i settori”.
Conoscere le nuove procedure burocratiche per fare nuovi affari
La perfetta conoscenza delle nuove procedure burocratiche in materia doganale e di controllo sanitario che regolamentano il traffico di merci attraverso la Manica diventa pertanto l’unico scoglio da superare per poter cogliere questa irripetibile opportunità in quello che è stato finora il quinto importatore al mondo di beni italiani e che, secondo le recenti dichiarazioni del suo Prime Minister, Boris Johnson, intende rimanere “culturalmente, emotivamente, storicamente, strategicamente, geologicamente attaccato all’Europa”.
“È per questo che abbiamo deciso di supportare i nostri clienti, italiani ed europei, non solo dal punto di vista linguistico ma anche normativo, rafforzando la nostra presenza fisica sul territorio con un nuovo ufficio nel cuore della City,” aggiunge Michael Ellis, il Country Manager a capo del team londinese di Landoor.
“Questo ci consentirà di avere connessioni più dirette con la rete di enti di riferimento e consulenti, come Camera di Commercio britannica e Camera di Commercio italiana a Londra, agenzie di commercio estero, ambasciata, studi di diritto internazionale – consolidata in trent’anni di attività nel settore linguistico e dell’internazionalizzazione. E saremo più vicini al fulcro dell’attività finanziaria del Paese d’Oltremanica, aspetto non trascurabile se si considera che il destino di Piazza Affari e di tutte le Borse europee è strettamente legato a quello della Borsa di Londra, quella che sembra aver perso di meno durante la pandemia”.
Le nuove opportunità di mercato dopo la Brexit
Si consideri poi che, a fronte del calo dell’export dall’Unione al Regno Unito, si sta configurando un incremento degli accordi di libero scambio con i Paesi extra-Ue, i quali sembrano cavalcare l’onda del cambiamento, andando a occupare quelle quote del mercato britannico lasciate scoperte dall’Unione. Secondo fonti KPMG, gli scambi tra questi Paesi e il Regno Unito hanno registrato a gennaio 2021 una crescita dell’1,7%.
“Il nostro vuole essere un grido di allarme alle aziende del nostro Paese e a quelle del resto dell’Unione. Il Made in Italy, in particolare, ha tutte le carte in regola per riconquistare la propria quota di mercato nel Regno Unito o per avviare nuove attività e collaborazioni con quel Paese”, conclude Ellis. “Di più: questo momento di transizione può rappresentare un’ottima occasione per una ridistribuzione della torta, laddove la fetta maggiore verrà conquistata da chi saprà muoversi per primo e con maggior cognizione di causa”.
Landoor è il partner linguistico di riferimento per primari business player operanti sui mercati globali più esigenti: medico-farmaceutico, diagnostico, finanziario, legale, nuove tecnologie, digitale, fashion&design. Con sede centrale a Milano e correspondent offices a Londra, Berlino e Parigi, l’azienda vanta 35 anni di esperienza al fianco di imprese locali e internazionali con un ventaglio completo di servizi linguistici, che vanno dalle traduzioni alla localizzazione, dal medical writing all’interpretariato.