Il Regno Unito è ufficialmente fuori dall’Unione Europea, dopo esserne stato un membro per quasi cinquant’anni. Questo ha portato, e porterà, a diversi cambiamenti, alcuni meno evidenti, altri molto più visibili. Gli italiani residenti in Regno Unito sono ormai centinaia di migliaia. Centinaia di migliaia di persone che, da ora in poi, dovranno far fronte ad una nuova sfida. Ilaria, Marco e Giorgia, tre italiani che vivono in Inghilterra, si raccontano a 9colonne.
La prima ha 33 anni e vive a Manchester da cinque anni. Ha sempre lavorato nel campo della ristorazione, ed ora è furloughed (in congedo temporaneo) da quasi un anno, a causa della pandemia. “Il ristorante dove lavoravo non ha mai più riaperto. La mia più grande paura è che un giorno mi chiami la titolare per dirmi che hanno dichiarato fallimento, anche perché ora è tutto chiuso e non posso cercarmi altro”. Ilaria racconta che nell’estate del 2016, quando ci fu il referendum per la Brexit, lei già si trovava in Regno Unito, e quindi ha vissuto tutto questo dall’interno.
“Onestamente pensavo che la Brexit non sarebbe mai stata approvata. È stata per me una sorpresa. Da ignorante, ero convinta che una volta fatto il referendum me ne sarei dovuta andare”, afferma. “Non sapevo che sarebbero dovuti passare anni prima che avvenisse l’uscita ufficiale dall’Unione, né che si sarebbero inventati delle formule per permettere ai cittadini europei di restare”.
Nonostante l’esistenza di queste ultime, Ilaria sostiene che “c’è ancora un sacco di confusione” a riguardo. “Tutt’ora c’è incertezza. Sui gruppi Facebook degli europei in UK vengono poste ogni giorno numerose domande. Tante persone da sole non sanno come fare, oppure non hanno proprio i mezzi tecnici per procedere. Al termine del pre-settled – (residenza provvisoria riservata ai cittadini UE) – o dimostri di poter rimanere qui o ti mandano via”. Ad aggiungersi alle preoccupazioni di Ilaria vi è la paura di un calo dei posti di lavoro nella ristorazione, suo campo di esperienza, che in Regno Unito è un settore in mano a molti italiani.
“Con la Brexit molti meno stranieri, tra cui italiani, potranno stabilirsi qui e aprire le loro attività. Se ci saranno meno italiani, potranno diminuire anche i posti di lavoro nei ristoranti”. Ilaria racconta che era “piuttosto restia” ad avviare la pratica per ottenere il diritto alla residenza, nonostante viva in Inghilterra da anni. Infatti, si è mossa non prima dello scorso novembre, “quasi alla scadenza”. I motivi di questa scelta sono stati l'”assenza di informazioni” su come procedere, unito ad un “senso di ingiustizia, perché mi sono sempre comportata bene, ho sempre pagato le tasse qui, quindi non capivo perché mi dovevano schedare. Perché sì, è come farsi schedare. Questo mi fa sentire una cittadina di serie B, più straniera di prima”.
Marco ha 43 anni ed è un ingegnere informatico. Vive in Regno Unito da otto anni e ricorda bene il momento del referendum. “Il risultato non se lo aspettava nessuno, neanche i miei colleghi inglesi” dice. Racconta che, una volta approvata l’uscita dall’UE, ha cominciato a notare un aumento degli episodi di intolleranza nei confronti degli europei, alcuni vissuti sulla sua pelle: “Una volta ero per strada e stavo parlando al telefono in italiano. Mi è passata accanto una persona e ha cominciato a gridarmi contro di tornarmene a casa e che tanto con la Brexit mi avrebbero mandato via”.
Marco afferma che “il razzismo è un motore sempre acceso”, come a dire che non si tratta di un fenomeno arrivato con il referendum, ma che “se c’è qualcuno che preme sull’acceleratore, quest’odio risale nella mente delle persone, e si scatenano le conseguenze”. Riferendosi al momento più recente, ossia all’uscita ufficiale del Regno Unito dall’Unione Europea avvenuta pochi giorni fa, Marco dice di aver provato una sensazione di “delusione”, pensando alla “perdita di diritti che abbiamo avuto. Prima ci consideravamo tutti europei, ora è come se si fosse innalzato un muro tra qui e il resto”. Afferma che da ora in poi “sarà più difficile affittare una casa, perché richiederanno una serie di requisiti che non sono facili da dimostrare, dato che si fa tutto tramite sistemi informatici e nessuno fornisce dei documenti cartacei. Sarà difficile anche – continua l’ingegnere informatico – farsi spedire prodotti dall’Italia, tipo il famoso ‘pacco da giù’, come anche far venire parenti in visita”. Marco ha richiesto e ottenuto la residenza permanente assieme a sua moglie, e afferma che “non è stato difficile, ma c’è da dire che io sono del mestiere, lavorando nell’informatica”.
In seguito, fa riferimento ad un altro problema appena sopraggiunto: “Mia moglie non è europea – spiega – I documenti che necessitava per potersi spostare liberamente in Europa, in qualità di mio family member, erano rilasciati dall’Unione, e adesso questo non sarà più possibile. Per un weekend in Italia con me dovrà richiedere il visto. Ora mia moglie non ha più i miei stessi diritti”.
E poi c’è Giorgia: 35enne che vive a Manchester da poco più di sei anni e lavora per una grande compagnia internazionale. Riguardo al referendum del 2016 afferma che “non credeva in un risultato del genere”: “Ho provato sensazioni discordanti. La votazione è stata fatta sul filo del rasoio, perché il Paese era diviso a metà. Non pensavo sarebbe stato ratificato, vista la discrepanza così sottile tra il Leave e il Remain”.
Giorgia racconta di alcune sue insicurezze, dovute soprattutto all'”assenza di informazioni chiare e puntuali” che le permetterebbero di capire meglio che cosa può o non può fare nella sua situazione. Ora si trova in Italia, dove è tornata per le festività: “Sono bloccata qui e lavoro da casa. In questo momento non riesco a trovare un modo per tornare, dato che da dove mi trovo non partono voli per Manchester” afferma. “Ho ottenuto l’indefinite leave to remain – residenza permanente – Quello che non so e che mi piacerebbe sapere – aggiunge – è quanto tempo ancora posso rimanere in Italia. Per chi ha questo documento non è chiaro il limite massimo di tempo in cui puoi restare fuori dal Regno Unito prima di perderlo definitivamente. Penso che in un momento come questo le tempistiche andrebbero riviste”.