Non inizia certo bene il nuovo anno per una madre nel bresciano. Il Tribunale ordinario di primo grado retrocede da un verdetto del 15 maggio 2021 che prevedeva l’allontanamento dei figli dalla madre verso una struttura a causa della sindrome di alienazione parentale (la PAS), sulla quale da tempo si discute, relativamente all’infondatezza di tale asserita teoria. La Cassazione stessa a giugno del 2021 la definiva una sindrome nazista, atta ad allontanare i bambini dalle loro famiglie.
Tale sindrome venne diagnosticata dal CTU sulla prole in quanto si rifiutavano di andare dal padre il fine settimana accusandolo di abusi che nessuno ha mai voluto approfondire, ma piuttosto, sminuire dicendo che un bambino di tenera età non può di certo comprendere la differenza fra bene e male e quindi comprendere il concetto stesso di abuso.
Il CTU è stato denunciato dalla donna, insieme alle assistenti sociali che avrebbero avvalorato tale sindrome producendo dei falsi clamorosi, fra cui un disegno attribuito al figlio minore della donna ma mai realizzato dallo stesso.
Il verdetto non è bastato a far prelevare i bambini dall’abitazione della madre, nonostante il giudice stabilisca esplicitamente l’uso della “forza pubblica” per far rispettare tale proclama, e la piccola comunità del paese si è dimostrata sensibile alla problematica di questa famiglia, non operando il prelievo in maniera forzosa.
Il tribunale quindi decide di retrocedere il 3 gennaio con un provvedimento retrodatato al 17 novembre 2021: da questa sentenza shock, di fatto mai eseguita, indicando che i bambini debbano andare dall’oggi al domani a vivere da un padre che non vedono da due anni e definito dagli stessi abusante. Sulla questione esistono ancora due procedimenti penali aperti a carico dell’uomo. Per assurdo, nonostante la madre sia incensurata e non abbia denunce a suo carico, il tribunale chiede per la donna incontri protetti per vedere i figli, procedura attuata solamente per genitori rei di gravi crimini.
Oltretutto il tribunale fa di più, dichiarando che la madre debba versare 500€ al mese al padre, l’intera somma che attualmente la donna guadagna lavorando part-time (scelta lavorativa fatta per seguire i bambini nella loro crescita).
Ancora più allarmante la faccenda se si pensa che l’uomo ha dichiarato al giudice, nell’ultima udienza, che i bambini venissero strappati alla madre per essere messi in casa famiglia impiegando le forze dell’ordine del veneto visto che quelle nel bresciano non hanno voluto fare il prelievo per non fare degli ulteriori danni ai minori.