Renata Bueno, deputata dell’Usei eletta in Sud America, ha presentato una interrogazione al Ministro dell’interno Alfano per sapere se e come il Viminale intende intervenire per snellire l’iter burocratico che riguarda l’esame delle richieste di cittadinanza da parte dei discendenti italiani in Brasile, che subiscono “ritardi ingiustificati”.
Bueno – residente proprio in Brasile – nella premessa ricorda che “recentemente il Parlamento ha preso in esame la problematica relativa al riconoscimento della cittadinanza italiana, finora regolamentata dalla legge del 5 febbraio 1992, n.91, “Nuove norme sulla cittadinanza” e dal decreto del Presidente della Repubblica n.362 del 1994 “Regolamento recante disciplina dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana”; il 13 ottobre 2015, la Camera dei deputati a grande maggioranza: 310 sì, 66 no e 83 astenuti ha approvato e inviato, per l’approvazione definitiva, al Senato della Repubblica una proposta di legge contenente “Nuove norme in materia riconoscimento della cittadinanza italiana”; ai sensi del combinato disposto degli articoli 3 e 29 della Costituzione italiana, la cittadinanza italiana si acquista principalmente per ius sanguinis, così come stabilito dalle sentenze della Corte costituzionale n.?87 del 1975 e n. 30 del 1983, deve essere riconosciuto il diritto alla “status” di cittadino italiano al richiedente anche nato all’estero, ed eventualmente anche in possesso di un’altra cittadinanza, purché almeno uno dei genitori sia in possesso della cittadinanza italiana”.
Oggi, annota la parlamentare, “la procedura di riconoscimento della cittadinanza, secondo la normativa vigente si dovrebbe concludere entro 730 giorni dalla data di presentazione dei relativi documenti, invece, in media ne passano molti di più e i richiedenti, soprattutto in Brasile, sono costretti ad aspettare addirittura fino a dieci anni di attesa prima di ottenere l’esito della richiesta; una situazione inaccettabile che di fatto limita le opportunità di quanti potrebbero accedere a concorsi pubblici, ottenere le prestazioni assistenziali, votare alle elezioni politiche ed amministrative, viaggiare senza dover chiedere visti: in poche parole concorrere appieno alla società civile in qualità di cittadino italiano; per ovviare a questa vera e propria discriminazione, è stata proposta nel febbraio 2012 una vera e propria class action al tribunale amministrativo regionale del Lazio, promossa da Cgil, Inca, Federconsumatori e 109 richiedenti la cittadinanza italiana, per chiedere l’ottemperanza alle disposizioni di legge vigenti da parte delle amministrazioni statali nei procedimenti di concessione della cittadinanza italiana agli aventi diritto”.
“Si tratta – spiega Bueno – di uno dei primi ricorsi allo strumento della azione collettiva (class action) introdotto di recente nel nostro ordinamento; il tribunale amministrativo regionale del Lazio (sezione II-quater) con sentenza del 26 febbraio 2014, nell’accogliere l’istanza dei richiedenti, ha intimato al Ministero dell’interno di rispettare i tempi: cioè rispettare i termini dei 730 giorni entro i quali lo Stato deve concludere la procedura di riconoscimento della cittadinanza. Nonostante ciò i tempi di attesa sono sempre di gran lunga superiori; la sentenza del tribunale amministrativo regionale riconosce la “violazione generalizzata dei termini di conclusione del procedimento sull’istanza di rilascio della concessione della cittadinanza italiana” e intima al Ministero dell’interno di “porre rimedio a tale situazione mediante l’adozione degli opportuni provvedimenti entro il termine di un anno”; questa sentenza – sottolinea Bueno – oltre a rappresentare un passaggio importante delle legittime aspettative di quanti chiedono il riconoscimento di un proprio diritto fondamentale come quello della cittadinanza, indica soluzioni idonee ad ottemperare, nei tempi prestabiliti, nella conclusione dell’iter di richiesta di cittadinanza come: modalità di utilizzo delle risorse economiche (200 euro per ogni richiedente, spesso anche fino a 300), eliminazione di prassi burocratiche che impongono la presentazione di documentazione inutile o addirittura la ripresentazione di certificati che, a causa dei ritardi e delle responsabilità degli enti coinvolti, nel frattempo scadono. In molti casi basterebbe la digitalizzazione delle informazioni amministrative e il collegamento in rete dei diversi uffici preposti all’iter per il rilascio della cittadinanza”.
Dunque, “visti gli ingiustificati ritardi nell’esame delle istanze per il rilascio della cittadinanza, in Brasile, agli aventi diritto – figli di cittadini italiani – è stata costituita una associazione che ha già mobilitato migliaia di cittadini, i quali, attraverso una petizione al consolato Italiano chiedono al Governo Italiano il rispetto dei tempi previsti dalla legge n.91 del 1992”, Bueno chiede ad Alfano “se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali siano i suoi orientamenti e quali iniziative urgenti intenda adottare per far sì che gli uffici ministeriali ottemperino alla sentenza del tribunale amministrativo regionale del Lazio, sia per quanto riguarda il rispetto dei tempi, sia per lo snellimento burocratico dell’iter di riconoscimento della cittadinanza italiana”.
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