Per decenni terra di emigrazione, spesso illegale, il Marocco sta vivendo una stagione economica e politica che ha fatto diventare il Regno meta ambita per chi, in patria, come migliaia di spagnoli, non ha lavoro e coglie al volo le opportunita’ concesse al di la’ dello Stretto di Gibilterra. Ed il paradosso e’ che questi lavoratori (tutti con eccellente preparazione soprattutto nel campo del digitale) strappano buoni contratti, ma in nero giocando sul fatto che a loro non vengono richiesti visti d’ingresso in Marocco, cosa che non possono dire le migliaia di stagionali che, dal Regno, fanno il tragitto inverso in estate per spaccarsi la schiena raccogliendo frutta ed ortaggi.
Il periodico specializzato Economia Digital ha censito i lavoratori spagnoli illegali in Marocco, che oggi sarebbero almeno cinquemila, calcolo che, realisticamente, appare per difetto poiche’ il fenomeno, non sottostando chi arriva dalla Spagna ad alcun controllo alla frontiera, potrebbe essere molto piu’ ampio.
Quanto sta accadendo ormai da mesi viene mal sopportato dai giovani marocchini che, dopo avere affrontato il robusto programma scolastico imposto dalle riforme dell’Educazione volute da Mohammed VI, si vedono sfilare sotto gli occhi i lavori migliori a favore di chi arriva, incassa, riparte e ritorna a dispetto di qualsiasi regola di mercato. Questo perche’, essendo quasi inesistenti i vincoli imposti dai visti, agli informatici spagnoli basta tornare anche per sole poche ore a casa per potere rientrare in Marocco e riprendere le loro attivita’, garantite pur senza alcun contratto degno di tale nome. Economia Digital spiega che a spingere gli arrivi di tecnici spagnoli e’ soprattutto la drammatica crisi occupazionale che ha colpito il Sud del Paese. Ma il Marocco non attrae solo spagnoli perche’ negli ultimi mesi sono state inoltrate ben quindicimila richieste di visti di lavoro (2.250 quelle accolte) provenienti da 95 diversi Paesi. Una spiegazione e’ che il Marocco sta vivendo un periodo molto positivo dal punto di vista economico e, insieme, politico. Perche’ se da un lato Mohammed VI ha voluto il varo di importantissime opere pubbliche – soprattutto infrastrutturali, come nuove autostrade e alta velocita’ ferroviaria -, dall’altro il Marocco garantisce una stabilita’ politica e sociale che non ha pari nella regione.
Certamente non tutto va per il meglio, come dimostra l’effervescenza dei movimenti di protesta giovanili che, qualche anno fa, esplosero ovunque, ma le scelte di macroeconomia sembrano avere disinnescato tale potenziale pericolo per il Regno, che vede questa stabilita’ riconosciuta universalmente. Come conferma il fatto che Fes ha ospitato un migliaio di dignitari sufi, espressione della confraternita Tariqa, in occasione del duecentesimo anniversario di fondazione da parte del mistico Sidi Ahmed Tijani. I sufi incarnano la corrente mistica dell’Islam e per questo non sono visti di buon occhio da chi propugna la violenza, quindi la scelta di tenere la loro manifestazione in Marocco accredita il Regno tra i Paesi piu’ tolleranti. Ma la Tariqa Tijania ha 300 milioni di adepti, che, con le loro molteplici attivita’, rappresentano una imponente macchina economica, su cui evidentemente il Marocco conta per consolidare la sua prepotente crescita.
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