Medaglia d’argento alla Malt Cup 2021, svoltasi negli Stati Uniti, per il malto “Extra Pils” della Malteria Italiana Artigianale (MIA), affiliata a Mastri Birrai Umbri di Gualdo Cattaneo, nel Perugino, tra i birrifici artigianali di punta del Bel Paese, parte del Gruppo Farchioni 1780. MIA diventa così la prima e unica malteria italiana ed europea premiata al di fuori dei confini degli Stati Uniti. E, peraltro, all’interno del premio considerato più importante al mondo per questo prodotto che fa da base alla nascita delle birre. Il malto premiato – dal colore chiaro e ricco di un elevata attività enzimatica – è di produzione interamente italiana, dalla selezione del seme di orzo, alla coltivazione in Umbria, fino alla conservazione.
“Questo premio apre le porte dei mercati esteri: non soltanto a noi, ma a tutto il movimento italiano dell’export” e “conferma che anche noi in Italia possiamo fare malto di ottimo livello” afferma Gian Franco Regnicoli, mastro maltatore di MIA, Malteria Artigianale Italiana. La Malt Cup 2021 promossa dalla Craft Maltster Guild, la compagnia di birrai e malterie con sede negli Stati Uniti, è l’unica competizione nel suo genere a livello internazionale. Giunta alla sua terza edizione, la gara si svolge lungo tre successivi step.
In primo luogo, tutti i malti in concorso ricevono la valutazione (anonima) della qualità chimico-fisica da parte del Barley, Malt, & Brewing Quality Lab dell’Università statale del Montana. Successivamente, i campioni che superano l’esame passano alla valutazione sensoriale (vista, olfatto, gusto) dei mosti caldi, condotta da un panel misto di professionisti del settore provenienti da tutte le parti degli Stati Uniti: produttori di malto, birrai, distillatori, ricercatori e assaggiatori esperti. I prodotti che superano il secondo esame arrivano al terzo ed ultimo livello di valutazione, nel quale i giudici riesaminano i malti incrociando i dati sensoriali e i dati sulla qualità chimico-fisica.
“Negli Stati Uniti i birrifici artigianali sono una realtà consolidata da tempo. Lì le malterie sono tante e già riunite in associazione. L’Italia ha un ritardo di 20-30 anni rispetto a quel movimento” aggiunge Regnicoli.
L’alta qualità dei birrifici artigianali Made in Italy sta permettendo costantemente al nostro Paese di scalare la classifica europea dei produttori (oggi all’ottavo posto). Una produzione che si distingue soprattutto per le “birre agricole”, ossia quelle che hanno una filiera di qualità certificata, con almeno il 51% della materia proveniente dalla azienda di provenienza. Tra gli esempi di questo settore più significativi c’è Mastri Birrai Umbri, il marchio della famiglia dei Farchioni che, con quartier generale a Giano dell’Umbria, producono anche olio, farina e vino e controllano nove aziende agricole per un totale di 1.600 ettari, di cui 180 ettari di vigneto, 80 di uliveti e 140 di bosco.
Nel 2019 Farchioni – si legge su 9Colonne – ha realizzato un fatturato di 130 milioni di euro con un export del 25 per cento della produzione esportato verso gli Stati Uniti, dove l’azienda ha una sede commerciale, in Asia e in Cina. Nel 2018 ha fatto il suo ingresso nel business della produzione artigianale della birra, realizzandola con i prodotti del raccolto dei terreni di proprietà, con farro, orzo, grano, luppoli aromatici, cicerchie e lenticchie. Il tutto seguendo un metodo benedettino sviluppato in Francia per ottenere una gasatura naturale ed una schiuma persistente aggiungendo al termine della fermentazione alcolica, lieviti selezionati per la rifermentazione in bottiglia, ed al posto dello sciroppo di fruttosio il mosto di uva Sagrantino o Moscato. Viene quindi creata di una nuova categoria di BIRRE, chiamata a livello internazionale Italian Grape Ale che di fatto rappresenta la prima denominazione data alla birra Made in Italy e nasce poi la prima Golden Monkey.
A scegliere il nome è stato Marco Farchioni, export manager della Farchioni e responsabile del birrificio che si recava spesso in Cina per curare i rapporti commerciali dell’azienda. Nato nell’anno cinese della scimmia era consuetudine nei suoi viaggi essere chiamato dai partner orientali “golden monkey” identificandolo come quello che porta i soldi. Dato che il simpatico primate era anche l’animale preferito del manager umbro, decise appunto di dare quel singolare nome alla sua prima birra proposta proprio al mercato cinese.