‘Chiamare i carabinieri per riportare la calma e’ un comportamento eccessivo. Vuol dire che tutti i passi che si potevano fare non sono stati fatti. Il problema e’ che per questi bambini non c’e’ rispetto, l’opinione comune e’ che i genitori non se ne occupino, e si ha poca coscienza di questo disturbo’. Cosi’ Patrizia Stacconi, presidente dell’Associazione italiana famiglie Adhd (Aifa), commenta l’episodio avvenuto in una scuola di Treviso, dove sono stati chiamati i carabinieri per calmare un bambino con disturbo da deficit di attenzione e iperattivita’ (adhd). L’adhd e’ un disturbo tipico dell’eta’ evolutiva, 3-4 volte piu’ frequente nei maschi, e ha un’incidenza che varia, a seconda delle stime, dall’1% al 4% della popolazione pediatrica.
‘Il bambino con adhd – precisa Maria Giulia Torrioli, neuropsichiatra infantile al Policlinico Gemelli – non e’ ‘cattivo’ per la malattia, ma e’ un bambino che e’ rimproverato in continuazione e quindi non cresce contento. Piu’ o meno in ogni classe c’e’ un bambino con questo problema. I sintomi piu’ caratteristici sono l’iperattivita’ e il deficit di attenzione, che non sempre sono presenti contemporaneamente. Le terapie sono farmacologiche, non pericolose, ed educative’.
E’ poi previsto un percorso per la presa in carico e gestione di questi bambini. ‘Quando si fa la diagnosi funzionale – spiega Stacconi – o presso un centro per la diagnosi e cura dell’adhd o la asl, vengono interpellati genitori e a volte anche gli insegnanti, e sulla base della gravita’ del disturbo, si decide se richiedere un’insegnante di sostegno. Puo’ esserci anche un educatore, erogato dal Comune, oltre all’insegnante di sostegno’. Il percorso prevede inoltre almeno 4 incontri, presso il centro di diagnosi e cura, con gli insegnanti e dirigenti, che vengono formati sul disturbo e sulle specificita’ del bambino. Il ministero dell’Istruzione, insieme ad associazioni e societa’ scientifiche, ha redatto diverse circolari per le scuole in cui spiega come gestire i bambini con questo disturbo. Dirigenti scolastici e insegnanti dovrebbero essere informati dalle famiglie, e i docenti dovrebbero insieme agli operatori clinici, definire le strategie didattiche per favorire l’apprendimento nel bambino. E’ bene predisporre un ambiente con fonti di distrazione ridotte al minimo, usare tempi di lavoro brevi, aiuti visivi, dare gratificazioni immediate, ed evitare punizioni come dare piu’ compiti, eliminare l’intervallo, esclusione dalle gite. ‘E’ l’adulto – conclude Stacconi – che deve imparare a riconoscere i segni premonitori di una crisi e creare il diversivo per gestirle. La scuola e’ provata per tanti motivi, ma non se ne viene fuori se non si segue il percorso previsto’.
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