I consumi alimentari contribuiscono all’89% dell’impronta idrica giornaliera degli italiani: in media un individuo consuma due litri d’acqua al giorno per bere, ma ne utilizza, a sua insaputa, fino a 4.000 per alimentarsi. Questo contenuto "invisibile" è dato dall’acqua virtuale, ovvero il volume di acqua impiegato durante il processo produttivo degli alimenti.
In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua che si celebra il 22 marzo la Fondazione Barilla Centre for Food and Nutrition rilancia gli obiettivi concreti del suo Protocollo di Milano per un futuro sostenibile. La maggior parte dell’acqua "contenuta" all’interno dei cibi che arrivano sulla nostra tavola, è consumata nella prima parte del processo produttivo, la più lontana dal consumatore: la fase della coltivazione.
La quantità totale di acqua "contenuta" nel cibo dipende da molti fattori, tra cui la tipologia di sistema agricolo adottato e le caratteristiche climatiche e del suolo specifiche del sito di produzione, che influenzano la richiesta di acqua delle piante.
In termini di media mondiale, la produzione di 1 kg di carne di manzo richiede una media di 15.415 litri di acqua e la carne prodotta in sistemi intensivi richiede cinque volte più acqua rispetto agli allevamenti al pascolo. 250 grammi di pomodoro contengono 50 litri di acqua virtuale, una pizza margherita ne contiene 1259 litri; produrre 1 kg di pasta richiede mediamente 1850 litri di acqua nel mondo, 1410 in Italia.
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