Ancora una volta un teorema giudiziario ordito alle spalle del Cavaliere cade a pezzi. Oggi non ci sono scudi legali, prescrizioni, presidenze del consiglio di mezzo nè legittimi impedimenti. Berlusconi si presenta come da vent’anni a questa parte dinanzi alla giustizia italiana da cittadino normale, senza cariche od onoreficenze che possano far passare la giornata processuale per "ennesima sceneggiata ad personam".
Nella mattinata l’ex premier a sorpresa si presenta in aula a Milano dove si dibatte per il reato di concussione nel processo definito "Rubygate". Ilda Boccassini (procuratore aggiunto) resta letteralmente stizzita nell’udire uno dei due testimoni, ovvero la poliziotta Giorgia Iafrate, che dichiara l’assoluta mancanza di pressioni da parte del Cav per il rilascio di Ruby, ma soltanto un interessamento ed una segnalazione d’affidamento nei confronti della consigliera regionale Nicole Minetti. Per la precisione così afferma: "Tenere una minorenne nelle camere dei fermati è una estrema ratio. E io ho disposto che venisse affidata alla consigliera Minetti per tutelare sia lei che i miei agenti".
Umiliata ed in preda al nervosismo la coriacea "toga rossa" abbandona l’aula tra i sorrisi sornioni di Silvio affiancato dai due legali Longo e Ghedini, a buona ragione soddisfatti.
"I travestimenti delle ragazze nelle feste di Arcore erano delle gare di burlesque. Io mi divertivo, lo ammetto. E non ne sono pentito". Si chiude con queste parole l’ennesima bomba ad orologeria innescata lo scorso anno dai pm per far dimettere l’allora Presidente del Consiglio.
Dalla discesa in campo all’uscita di scena non è cambiato assolutamente nulla, anzi abbiamo potuto osservare come il presunto "dittatore, usurpatore della democrazia" abbia saputo fare dignitosamente un passo indietro, a differenza dei suoi nemici che perseverano nell’odio e nel rancore.
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