Settimana molto impegnativa, quella che sta per concludersi, per Silvio Berlusconi. Il presidente del Consiglio ha dovuto lavorare non poco per convincere l’Europa che l’Italia ce la può fare ad uscire dalla crisi. Anche per questo il premier oggi ha lasciato Roma ed è volato in Sardegna, dove trascorrera il fine settimana.
In una lettera pubblicata oggi da Il Giornale, il Cavaliere si dice "fiducioso", pronto a scommettere sulla vittoria del Paese, che non si farà soffocare dalla crisi economica. Nella stessa lettera Berlusconi accusa la sinistra e i suoi media per la continua "campagna di ipocrisie e falsità" montata sulle misure pianificate dal governo. La polemica sui "licenziamenti facili" è figlia di una cultura ottocentesca. La verità, sottolinea il premier, è che è più che mai necessario, oggi, "ridurre le cattive abitudini, scongiurare un’estensione abnorme del lavoro precario, offrire un futuro qualificato ai giovani e alle donne rimuovendo solo e soltanto le rigidita’ improprie che impediscono l’allargamento della base occupazionale e produttiva". Berlusconi ribadisce che "gli imprenditori del XXI secolo non sono i padroni delle ferriere dell’Ottocento, non si svegliano al mattino con l’impulso di liberarsi di manodopera per gonfiare profitti". Cosi’ come "i lavoratori sono titolari di forza contrattuale e di diritti, non schiavi sociali. Il lavoro e’ cambiato. Sono cambiati i bisogni e le aspettative sociali".
Se il governo interviene sui contratti di lavoro, "seguendo la strada indicata dal disegno di legge presentato dal senatore dell’opposizione Pietro Ichino", "e’ solo per aumentare la competitivita’ del Paese, aprire nuovi spazi occupazionali per le donne e per i giovani, e garantire a chi perde il lavoro l’aiuto della cassa integrazione per trovare una nuova occupazione". L’economia italiana, "che dipende dal funzionamento del sistema politico e dal comportamento della societa’ civile, puo’ vincere anche questa sfida. Io ci scommetto fiducioso. Altro che austerità". Ammonisce il Cavaliere: "Rimettere in moto la macchina demagogica del catastrofismo e del pessimismo puo’ essere l’istinto politicista di pochi, ma non deve essere la pratica dei molti, nella maggioranza e perfino nell’opposizione, che si rendono conto della necessità di crescere".
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