Giorgio Almirante in un momento di brillante lucidità disse: “Non voglio morire fascista”, oggi potremmo sintetizzare la posizione dell’ex premier con questa affermazione: “Non voglio morire grillino”.
I sondaggi per il Popolo della Libertà sono agghiaccianti, visto che rispetto alle Politiche del 2008 ha perso più della metà del suo elettorato, circa un 20%. E allora perché il presidente Schifani e buona parte della dirigenza pidiellina si appigliano al Pdl e ad Alfano? La risposta è insita nelle poltrone: non avendo alcun progetto serio da estrarre dal cilindro sperano di mantenere un posto in Parlamento sotto l’egida di, se mi permettete il gioco di parole, un logo logorato.
A 3 anni dalla sua nascita la creatura berlusconiana non ha più ragione d’esistere, l’ispirazione aggregativa con l’uscita di Fini e la frammentazione in mille schegge ha fatto sì che perdesse l’albero maestro.
Se c’è una cosa che sicuramente fa breccia nel cuore degli italiani è la nostalgia. A vent’anni dagli esordi Max Pezzali e Mauro Repetto stanno pensando di tornare insieme con gli 883, perché Silvio non può tornare a Forza Italia? Una edizione aggiornata del programma liberale del ’94 con lo zoccolo duro del partito, gli ex An potrebbero confluire ne “La Destra” oppure in un movimento a guida La Russa con un obiettivo fortemente improntato alla difesa della legalità, della famiglia naturale, contro l’immigrazione, una precisa identità nazionale e un nuovo welfare contrario al burocrate massacro europeo.
A questi partiti si affiancherebbero due listoni civici, magari “Avanti Italia” ed “Italia Pulita” formati da under 45 pescati dalla società civile, volti nuovi da allevare per la futura classe dirigente. Pochi obiettivi ma chiari e semplici, che si ispirino alle esigenze basilari della pancia del Paese come il rebus euro e la “pulizia” in Parlamento.
Non amo la logica della frammentazione, ma è evidente che così com’è il primo partito italiano rischia di sparire con possibilità prossime allo zero di potere recuperare l’astensionismo ed il consenso perduto. In futuro è necessariamente auspicabile un ritorno al movimento unico, però va strutturato oggi un percorso unitario che faccia nascere spontaneamente il matrimonio d’idee.
Il Presidente della Camera prima della nascita del Pdl affermò: Il Cavaliere ha fatto tutto da sé. Ha messo in piedi i Circoli della libertà con la Brambilla. Poi ha creato il Partito della libertà senza neanche avvertire i suoi amici di Forza Italia, quindi ha distrutto la Cdl. Conclusi i giochi, a regole scritte (alla stesura delle quali non siamo stati chiamati a partecipare) dovremmo bussare alla sua porta col cappello in mano e la cenere sulla testa? Non siamo postulanti.[…] Sono il presidente di An, non una pecora. (dall’intervista di Vittorio Feltri, «Vi spiego gli errori di Silvio», Libero, 16 dicembre 2007, p. 1)
Errare è umano, perseverare è diabolico. Il fallimento di quel progetto si sentiva nell’aria, avrà imparato Silvio dai suoi errori?
Twitter @andrewlorusso
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