L’ostinazione con la quale le forze ‘democratiche’ non vogliono accettare la realtà, cioè che la legge Severino deve necessariamente passare il vaglio della Corte Costituzionale affinchè si definiscano, in maniera chiara, i termini temporali della sua applicazione, appare un pretesto, anche mal celato, per chiudere l’esperienza di un governo, più sopportato che amato.
Servirebbe, innanzitutto da parte dei vertici del Pd, un bagno di umiltà e serietà. Non possono anteporre allo Stato di diritto, la declinazione odierna della cultura giacobina. Di fronte alle valutazioni controverse dei costituzionalisti sulla legge Severino, il buon senso e la saggezza suggerirebbero di affidare all’unico organo competente, la Corte Costituzionale, la ricerca di una sintesi in grado di affermare la corretta interpretazione della norma. E invece, il Paese è ostaggio dell’intransigenza giacobina delle forze politiche di sinistra che vogliono far calare sulla testa di Silvio Berlusconi quella ghigliottina, lustrata a dovere e preparata, pronta all’uso, da ben venti anni.
L’antiberlusconismo viscerale del Partito democratico, di Sel e del Movimento 5 Stelle, loro unico minimo comune denominatore, rischia di travolgere la tradizione giuridica e costituzionale italiana in un vortice di non senso assai pericoloso, dove la prima vittima non potrà che essere il governo guidato da Enrico Letta e composto in larga parte da personalità di sinistra.
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