Sempre più in crisi la carta stampata. In edicola si vendono sempre meno giornali, la notizia ormai corre sul web e l’informazione è accessibile a tutti, in maniera gratuita e in tempo reale. La carta stampata è destinata a scomparire? ItaliaChiamaItalia lo ha chiesto a Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine dei giornalisti, secondo il quale i giornali tradizionali non smetteranno di esistere del tutto. Ma poi aggiunge: “debbo confessare un personale conflitto di interessi. Tutta la mia carriera si è svolta essenzialmente nella carta stampata, fin da quando c’erano le vecchie rotative e le linotype. La sensazione di stringere il giornale tra le mani è, per me, ancora molto piacevole”.
Che ne pensa Iacopino dei contributi editoriali? “Contrario, senza esitazioni, ai contributi a pioggia, all’invenzione delle moltiplicazioni degli ‘organi ufficiali’ per lucrare soldi pubblici. Favorevole ad una gestione oculata delle risorse: lo Stato ha il dovere di garantire ai cittadini una informazione plurale. Si può riflettere su qualche particolare. Ad esempio, ma gradirei non essere demonizzato, se i contributi ad una testata possano essere divisi in due fasi: una in quella di avvio, quando c’è la necessità di riscontrare il consenso dei cittadini-lettori-radio o telespettatori. E l’altra dopo un certo periodo minimo”.
Nella lunga intervista – che sarà pubblicata in maniera integrale nelle prossime ore – rilasciata dal presidente Iacopino a Ricky Filosa, direttore di Italiachiamaitalia.it, si affronta anche la questione dell’informazione online. Perché l’Italia non sostiene in maniera concreta anche chi fa informazione su internet? Del resto, i giornalisti digitali svolgono lo stesso lavoro dei colleghi che scrivono su carta. L’unica differenza è il fatto di stampare il prodotto editoriale… “Che su internet si faccia informazione è ardito negarlo”, ammette Iacopino, che precisa: “Dovremmo trovare regole che garantiscano, ad esempio, che i motori di ricerca rimandino allo sviluppo della vicenda che non di rado smentisce o rettifica significativamente la prima notizia. Questo richiede verosimilmente maggiori risorse. Perché non c’è attenzione? Perché si ha un’idea sbagliata del valore dell’informazione”.
Fra i vari temi toccati nell’intervista, anche quello che riguarda la sentenza di condanna nei confronti di Silvio Berlusconi. Cosa succederà adesso? “Non so che cosa accadrà. Non mi tranquillizzano le parole rassicuranti per il governo. Ne ho ascoltate mille volte, poco prima di crisi laceranti”, sottolinea il presidente dell’Ordine dei giornalisti, che continua: “Ci sono cose che mi inquietano. I tempi, ad esempio. Tappe forzate per evitare, e lo trovo giusto, il rischio della prescrizione. Ma trovo curioso – e il Giornale, oggi 6 agosto, rivela una vicenda che merita un approfondimento – che su altri tutto si consumi con tempi sudamericani. La Giustizia non solo deve essere imparziale, ma ha anche il dovere di apparire tale. Poco importa il titolo del reato (penale o amministrativo): l’allarme sociale resta. E le risposte, a volte, accumulano ritardi incomprensibili ai più”.
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