Luca Telese è intervenuto questa mattina su Radio Cusano Campus e su Silvio Berlusconi ha detto: “Lo abbiamo avuto negli studi qualche giorno fa, era una furia, una sorpresa, sono rimasto stupito. Un anno e mezzo fa lo avevo avuto a Matrix e mi sembrava uno che giocava una campagna di bandiera, adesso invece è scatenato. Nella scommessa comunque avrei dovuto mettere caviale ed aragosta, non arriverà mai al 30%”.
Sui vitalizi: “Questa è una legge di Richetti ma l’agenda l’ha dettata il M5S. Pd e grillini si contendono l’osso. La legge ha molte falle, rischia di essere impugnata dalla Corte Costituzionale e mi preoccupa, perché adesso con il ‘dagli all’infame, togliamo al ricco pensionato di palazzo’ si stabilisce un principio pericoloso, quello che domani si possa togliere anche a un povero pensionato un diritto acquisito. Questo è un rischio, qualcuno potrà dire ‘l’hanno già fatto con quei ricconi, quindi…'”.
Sul Partito Democratico: “Renzi è in difficoltà, ma segue la linea di quei giocatori d’azzardo che quando sono in difficoltà accelerano. La situazione non mi pare delle migliori. Lui sta accelerando sul partito, sta epurando le opposizioni, farà liste solo sui fedelissimi, insomma, va incontro a un pericolo molto grosso. La Prestipino che usa la parola razza? Nessuno può dire che bisogna difendere la razza in questo Paese. E’ preoccupante questo vuoto. Poi se lo sommi a quell’altro che ha scritto che bisognava pestare a sangue Carlo Giuliani, ti viene da dire poveri elettori del Pd, quante ne devono subire”.
Sull’abbraccio tra Boschi e Pisapia: “Non è un paradosso discutere di un abbraccio. La storia d’Italia è cambiata per una stretta di mano, quella tra Fini e Berlusconi ad esempio. I fascisti uscirono dal ghetto con quella stretta di mano. Dire che non è successo nulla e che quello è un gesto d’affetto è sbagliato. E poi la Boschi era latitante da due mesi, è ricomparsa proprio in quel momento, ci vedo una operazione di intelligence, è stata mandata a timbrare quell’uomo. A rendere deflagrante l’abbraccio è l’ambiguità politica di Pisapia in questa storia”.
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