Se, come dice il ministro del Tesoro Fabrizio Saccomanni, la crisi e’ peggio di quella del 1929, la polemica a distanza tra Angelino Alfano e Guglielmo Epifani sul ruolo da svolgere in Europa appare davvero autolesionistica. Trasmette infatti ancora una volta l’immagine di un Paese diviso anche quando e’ (apparentemente) unito, incapace di dare vita a una grosse koalition alla tedesca che produca risultati nel medio termine.
E’ stato Silvio Berlusconi a dare il via alle danze. Il suo invito ad ingaggiare un braccio di ferro con Angela Merkel per ottenere un allentamento dei vincoli del patto di stabilita’ e’ stato interpretato dalla segreteria del Pd come un modo di farsi propaganda a buon mercato, senza tenere nessun conto delle relazioni diplomatiche. In altre parole, come un tentativo di accumulare munizioni in vista di bel altri bracci di ferro sul piano interno. Eppure Epifani ammette che la battaglia del Cavaliere per una nuova politica espansiva da parte dell’Europa ha un fondamento: quando era premier e’ finito sconfitto nello scontro con Berlino, ma naturalmente il contesto era ben diverso. Oggi, osserva Alfano, sarebbe possibile creare un asse con Hollande e Rajoy e forse con lo stesso Cameron mettendo in seria difficolta’ la Germania. Invece le proposte berlusconiane vengono sempre interpretate ‘in malafede’ dalla sinistra, forse perche’ – commenta Mariastella Gelmini – bisogna distrarre l’attenzione dalle difficolta’ interne del Pd.
Tralasciando per un momento il merito della polemica, bisogna chiedersi come si possa immaginare di mandare avanti per almeno diciotto mesi il governo su basi di questo tipo. La diffidenza reciproca e’ palpabile, e soprattutto e’ altissimo il rischio che il gioco sfugga improvvisamente di mano, magari per motivi di poco conto.
Non a caso Alfano avverte che il gioco delle opposizioni e’ proprio quello di provocare una reazione del Pd su un qualsiasi tema, dalla giustizia all’economia. Pero’ bisogna riconoscere che la rigidita’ dell’ala dura del Pdl non agevola in nessun modo il compito degli alleati. Cio’ forse spiega il singolare modo di procedere del premier e dei suoi ministri: tanti ‘cronoprogrammi’, tanti accordi sul metodo di lavoro, ma pochi contenuti. Basti pensare all’infinita polemica sul presidenzialismo (che piace, secondo i sondaggi, alla maggioranza degli italiani): uno scontro virtuale, senza che esista nemmeno una bozza su cui ‘lavorare col cacciavite’ come dice Letta. Ma uno scontro capace di bloccare tutto ancora prima di cominciare.
Si vedra’ ben presto se il modo di procedere del governo, pubblicamente lodato da Alfano, produrra’ qualche risultato pratico: e’ vicino il vertice europeo di Roma sul lavoro che dovra’ preparare il Consiglio Ue di fine mese. Qui ci si attendono risultati con il sostegno di Berlino. Poi dovranno essere messe in campo le misure di rilancio dell’economia, ma su questo terreno si e’ ancora all’astrazione delle macrocifre. L’impressione e’ che esista per la maggioranza un cammino parallelo di stabilizzazione, sotterraneo ma non per questo meno urgente: un cammino che riguarda il futuro del Pd. Se Letta riuscira’ a raggiungere un’intesa con Matteo Renzi sul partito in vista del congresso, si aprira’ con ogni probabilita’ una nuova fase nelle larghe intese perche’ il Pd avra’ bisogno di calma per preparare la successione ad Epifani. In caso contrario le fibrillazioni potrebbero far esplodere tutto. Ma e’ anche vero che le larghe intese non sembrano avere piu’ reali alternative da quando il Movimento 5 Stelle e’ entrato in crisi. Per la prima volta due deputati lo hanno abbandonato: il malessere e’ diffuso e induce Beppe Grillo ad alzare continuamente la posta. Il suo attacco al Parlamento, definito una scatola vuota che non serve a nulla, con toni non molto distanti da quelli celebri di Mussolini, ha suscitato un’ondata di indignazione e la ferma condanna della presidente della Camera Laura Boldrini la quale accusa Grillo di voler colpire la democrazia. E’ l’inizio di un nuovo capitolo?
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