Un passo indietro? Dimissioni? Il premier Silvio Berlusconi non ci pensa proprio. Anzi, dopo che il Senato ha approvato la manovra economica che riporterà in pareggio il bilancio dello Stato per la prima volta dal 1876 (135 anni fa!), il Cavaliere ha deciso di porre fine ai gossip che lo danno vicino all’addio per gli scandali giudiziari, ritiene che debba mettere la faccia su una manovra durissima che ha salvato però l’Italia dal default, e vuole fare sapere a tutti, alleati e avversari, che non ha alcuna intenzione di mollare fino al termine della legislatura. Per questo si prepara a riempire il prossimo fine settimana con una serie di esternazioni di forte impatto, che faranno la felicità di giornali e telegiornali. Il via sarà oggi alla festa di Atreju, dove il premier risponderà senza rete di protezione ai giovani simpatizzanti del Pdl guidati dalla ministra Giorgia Meloni. Poi, per il decennale dell’11 settembre 2001, diffonderà una lettera che ha scritto a Obama e lancerà un messaggio ai Promotori della libertà della ministra Michela Brambilla. Quindi registrerà un’intervista a Porta a Porta di Bruno Vespa, che andrà in onda lunedì sera. E se non dovesse bastare, lunedì potrebbe fare anche un’intervista a Canale 5 per una trasmissione del mattino.
Ai ministri e ai collaboratori con i quali ha parlato in questi giorni, Berlusconi ha già anticipato molte delle cose che dirà. Soprattutto ha insistito su un numero: 18. È il numero dei mesi che, secondo i suoi calcoli, separano il suo governo dalla fine naturale del mandato. In realtà, da questo settembre all’aprile 2013 di mesi ne mancano 20. Forse il Cavaliere si è tenuto stretto per tenere conto delle vacanze del prossimo anno. Fatto sta che da qui a lunedì il Cavaliere ripeterà fino alla noia che in questi 18 mesi il governo dovrà completare il programma di governo, compresa la riforma della giustizia, risalire la china nei sondaggi e vincere alla grande anche le prossime elezioni. Un messaggio che il segretario del Pdl, Angelino Alfano, ha anticipato ieri, pari pari, a una festa di partito, compreso il numero dei mesi che mancano al termine della legislatura. Ovviamente, 18. Poiché non fa mai nulla a caso, è evidente che l’offensiva mediatica del premier ha un obiettivo preciso, forse più di uno. Il primo è certamente quello di preparare in modo a sé favorevole il terreno in vista dell’interrogatorio che dovrà sostenere martedì di fronte ai pm napoletani. L’incontro è fissato a Palazzo Chigi, ma per il padrone di casa non sarà una passeggiata facile. Anzi, poiché sarà interrogato come parte lesa (nell’indagine per l’ipotesi di ricatto nei suoi confronti di Lavitola Tarantini), non sarà assistito da nessun avvocato e non potrà avvalersi della facoltà di non rispondere. Per Berlusconi, i pm napoletani non stanno affatto agendo a tutela di un suo danno (ha già detto di non avere subito alcuna estorsione), ma stanno solo cercando di metterlo in difficoltà per "abbattere il governo", pur non avendo alcuna competenza per giudicare. Di certo, come ha notato un avvocato-parlamentare del Pdl, "non si era mai vista un’indagine per estorsione in cui prima si arrestano i presunti colpevoli e poi si chiede alla presunta vittima, che peraltro nega l’estorsione, cosa abbia da dire".
Più che una testimonianza, l’interrogatorio di martedì potrebbe rivelarsi uno scontro frontale tra premier e pm. Ne sapremo di più dal verbale, che certamente finirà sui giornali del mattino dopo. Così come ci finiranno entro il 16 settembre le famose intercettazioni delle conversazioni hard tra il cavaliere e Tarantini. L’ennesimo polverone mediatico, che però non sposterà di un millimetro la decisione di Berlusconi di andare avanti fino al 2013. Oltre che ai magistrati di Napoli (e a quelli di tutte le procure che lo indagano), con le esternazioni del fine settimana il cavaliere vuole rispondere anche ad alcuni amici, che a suo avviso stanno mostrando una certa fretta per il dopo-Berlusconi. Tra questi, il Cavaliere non annovera certo quegli esponenti del Pdl che, come Beppe Pisanu e Giuliano Cazzola, lo hanno invitato apertamente a fare un passo indietro. Piuttosto, il premier si riferisce al leader dell’Udc, Pierferdinando Casini, che continua ad occupare una posizione intermedia tra la sinistra e la coalizione di governo. Secondo alcuni, Casini sarebbe pronto ad appoggiare un governo di fine legislatura guidato da un uomo indicato da Berlusconi (potrebbe essere Alfano), in vista di una alleanza di centrodestra più ampia per il 2013. Questa soluzione, secondo una ricostruzione autorevole, sarebbe appoggiata anche dal vertice italiano della Chiesa cattolica, che ha più volte stigmatizzato le debolezze private del premier.
Ma per Berlusconi si tratta di una soluzione inaccettabile sul piano personale, uno scenario che non solo lo esporrebbe indifeso a tutte le procure, ma andrebbe anche contro il risultato elettorale, dunque contro il voto popolare. Per questo sostiene (insieme ad Alfano) che dopo di lui c’è solo il voto, che però nessuno, neppure l’opposizione, vuole affrontare in una congiuntura difficile come questa. Ormai è muro contro muro. Berlusconi sa di essere rimasto solo contro tutti. Via via, ha perso l’appoggio prima della Confindustria, poi della Chiesa e da ultimo perfino della Cisl. Gli rimane solo la personale capacità di combattente tenace e incrollabile, che incute ammirazione perfino nei suoi avversari più duri. Sa di avere fatto "il lavoro sporco" per salvare l’Italia dal default, e pensa che sia un merito storico anziché un handicap. "Ho salvato io l’Italia" dirà con orgoglio in questi giorni. Ci metterà la faccia. Ma basterà per reggere altri 18 mesi? Nessuno, onestamente, lo può dire.
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