Le vicende seguite all’ennesimo attacco di Berlino devono portarci a riflettere seriamente su come venga portata avanti la politica immigratoria nel nostro paese. Non mi piace la demagogia né in un senso né nell’altro e fermo deve essere il dovere di rispondere al dramma umano di molti profughi, ma dobbiamo pretendere che finalmente siano prese delle decisioni drastiche.
Sono in Australia e qui l’immigrazione è una cosa seria: non si arriva per mare perché si è dirottati su un’isola e lì ci si resta finchè le autorità capiscono bene chi sei, da dove vieni e che cosa vuoi. La prova che il “filtro” funziona soprattutto per l’ondata asiatica – che è il problema di qui – ha portato ad una drastica riduzione di chi cerca di arrivare clandestinamente perché chi arriva sa cosa l’aspetta e sa generalmente di non essere ammesso. Il contrario della politica europea se pensiamo che in Medio Oriente e in Africa le quotidiane immagini TV sottolineano i rischi del viaggio, ma poi che – di fatto – chi tocca il suolo europeo ci resta per sempre e in concreto non sarà mai espulso, perché poi in ogni caso “ci si arrangia” e si passa il cerino al prossimo che viene. Un conto è comunque scappare dalla guerra, un conto sono gli immigrati economici: in Europa abbiamo bisogno – come in Australia – di quote immigratorie, ma non così, non più così.
Davanti a questa crisi mille volte abbiamo scritto della impreparazione e cecità europea, con l’Italia che dimostra da anni di non avere comunque una volontà chiara, di non voler prendere decisioni. Subisce e rinvia, intasa caserme e prefetture, suscita odi e ignoranze, non ha un piano a medio e lungo termine. Se l’Europa volesse ridurre l’immigrazione “politica” obbligherebbe quegli stati-canaglia (come l’Eritrea) a pluralismo e democrazia, ma non lo fa.
Anche papa Francesco è stato chiarissimo: ci vuole una politica di inserimento che si può affrontare con numeri contingentati, non con ondate irrefrenabili.
E’ ora che coralmente si dica “stop” e si respingano tutti gli immigrati “economici” salvo quelli che con quote chiare passino un filtro all’estero fornendo una documentazione non esasperata, ma sufficiente. Mille volte ho notato l’assurdità di cercare il pelo nell’uovo (quando non apertamente sollecitare una mancia…) per concedere un visto a chi cerca di seguire la trafila burocratica ossessionante e non facilitata presso i nostri consolati per poi invece aprire le porte a tutti quelli che arrivano senza neppure i documenti: è la fiera dell’assurdo.
Il 2017 deve essere l’anno della scelta o il sistema andrà in corto-circuito favorendo gesti estremi di odio razzista, il peggiore e stupido odio possibile. Pensare che criminali come Anis Amri possano sbarcare in Sicilia, rimanere quattro anni dentro e fuori dalle carceri italiane, essere segnalato e denunciato ma non essere espulso né più rintracciato fino a che ha ammazzato persone innocenti la dice lunga sui “buchi” dei nostri sistemi di sicurezza, ma anche sulla nostra ipocrisia.
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