Era il 1998, esattamente 20 anni fa, quando, per iniziativa di due professionisti reggini che si erano battuti per anni per quel progetto, l’Unione Europea concedeva all’agrume più raro, più profumato e prezioso del pianeta la Denominazione di origine protetta (Dop) di “Bergamotto di Reggio Calabria”, a riconoscimento della sua peculiare ed esclusiva coltivazione in una ristretta fascia costiera di circa duecento chilometri, tutti compresi nella Provincia di Reggio Calabria, oggi Città Metropolitana, nell’estremo Sud della Penisola italiana, senza che altri tentativi di fare attecchire o fruttificare la pianta in territori limitrofi (compresa la Sicilia) abbiano mai ottenuto successo alcuno.
Uno storico, Pasquale Amato, docente presso l’Ateneo messinese e presso l’Università Dante Alighieri di Reggio Calabria, ed un giornalista, Giuse Barrile, impegnato nel giornalismo televisivo e direttore di una TV locale, erano riusciti nell’impresa di far giungere a Bruxelles la loro proposta, a seguito di un ricorso che modificava il Decreto del Ministero delle Risorse agricole che indicava l’agrume come “bergamotto di Calabria”.
Non fu una questione di campanile, come vorrebbero i detrattori, spiega il professor Amato. Se fosse passata la proposta ministeriale – tra l’altro sostenuta dalle istituzioni locali interessate – sarebbe stato come sostenere che il prosciutto di Parma si chiamasse “prosciutto dell’Emilia e Romagna”, la cipolla di Tropea “cipolla di Calabria” o che il San Daniele fosse indicato come “prosciutto del Friuli Venezia Giulia”. E che dire del lardo di Colonnata? Sarebbe stato forse corretto che si indicasse come “lardo della Toscana”?
L’altra sera, sulla splendida terrazza del MarRC, il Museo Archeologico Nazionale, sede “inamovibile” dei Bronzi di Riace, che domina lo scenario dello Stretto, illuminato da una scia ininterrotta di luci da Punta Faro a Taormina, che si vivacizzano e si addensano in corrispondenza della dirimpettaia città di Messina ed infine si esaltano sulla riva calabra, ai piedi del Museo, col bagliore suggestivo dei lampioni artistici che illuminano il Lungomare reggino, la storia del bergamotto di Reggio Calabria è stata ripercorsa da Pasquale Amato, durante una serata dedicata alle eccellenze della Città metropolitana, con l’intervento di Rosita Borruto, presidente del Centro internazionale scrittori della Calabria, e la presentazione del direttore del Museo, Carmelo Malacrino, uno dei primi venti super manager designati dal Ministero dei beni culturali a dirigere i più importanti siti museali ed archeologici della Penisola.
Dal “gran debutto nella storia” (quando, nel ‘600, l’olio essenziale fu per la prima volta presentato con clamoroso successo alla Corte del Re Sole, per la fabbricazione di sorbetti e per la futura produzione di una inedita acqua di colonia al bergamotto), fino all’utilizzazione dell’essenza come base indispensabile di produzione nella moderna industria profumiera di tutto il mondo; dalle prime piantagioni intensive del ‘700, alla nascita della “borghesia reggina del bergamotto” tra XVIII e XIX secolo; dall’affermazione del prodotto sui mercati internazionali, alla nascita della Stazione sperimentale delle essenze di Reggio Calabria; dalle prime falsificazioni dei concorrenti disonesti, al tentativo di affermazione del “sintetico”, fino alla campagna denigratoria di alcune multinazionali chimiche americane; dalla costituzione, nel 1982, del Comitato internazionale per la Difesa del bergamotto con sede a Parigi, alla nomina di un Comitato Scientifico che dimostrò l’innocuità dermatologica dell’essenza, confermando le qualità salutiste del frutto, e fino alla battaglia per il riconoscimento del marchio europeo Dop: di fronte al numerosissimo pubblico intervenuto alla serata, Pasquale Amato ha brillantemente sintetizzato questo excursus storico, già oggetto di un suo volumetto dal titolo “Storia del Bergamotto di Reggio Calabria”, edito da Città del Sole.
Al grande viaggiatore inglese Edward Lehar – come ricorda Amato nel suo libro – Reggio apparve al suo arrivo, nel luglio del 1847, “un immenso giardino” da lui stesso descritto quale “un luogo di tali delizie, come credo ne esistano pochi altri sulla terra”. “In quel giardino – scrive Amato – nel quale agrumi, ulivi, gelsi, viti e piante aromatiche fondevano i loro profumi con l’onda lunga dei miti (Scilla e Cariddi su tutti) e con la storia di una terra che aveva dato nome all’Italia, s’era verificato un miracolo della natura: tra le distese di aranci, mandarini, limoni, cedri era nato – per un innesto casuale favorito dal microclima e dal terreno – un albero di qualità straordinarie, appartenente alla famiglia degli agrumi, ma con le caratteristiche positive moltiplicate a dismisura”, con il suo frutto straordinariamente ricco di proprietà organolettiche, generate ed esaltate dalle 350 componenti chimiche finora accertate.
Oggi l’essenza del Bergamotto di Reggio Calabria continua ad essere componente basilare e indispensabile per l’industria profumiera, con la Francia principale paese importatore, ed è sempre più impiegata nel settore farmaceutico, mentre a livello locale si moltiplicano le iniziative per la protezione e la valorizzazione del marchio Dop, con la auspicabile istituzione di un Distretto del Bergamotto e mediante il suo impiego nel settore alimentare, dei succhi e della pasticceria in particolare.
Di tale utilizzo, a coronamento della serata dedicata alle eccellenze reggine, 10 maestri dell’Associazione pasticceri artigiani di Reggio Metropolitana, tenendo fede alla millenaria tradizione dolciaria della Città, hanno dato una eccellente dimostrazione, offrendo una degustazione di creazioni rigorosamente dedicate al Bergamotto di Reggio Calabria Dop: location eccezionale il MarRC, scenario incomparabile le luci dello Stretto di Scilla e Cariddi.