Non ho capito cosa abbia convinto la produzione Rai a invitare Roberto Benigni all’ultima puntata dello show di Fiorello: l’eredita’ del suo riuscitissimo film "La vita e’ bella" gli ha dato lustro per tanti anni e possiamo convenirne. La recitazione appassionata e didascalica della Divina Commedia e’ un altro meritato successo per il suo medagliere; e’ da li’ che e’ partita la sua parabola ascendente e noi, per rivivere quel momento magico e riproporlo ciclicamente agli illetterati, gli abbiamo dato credito, anche in moneta sonante.
Tutto il resto, la solfa di battute insulse e ripetitive su Berlusconi, i saltelli da clown e le toccatine infantili, come le filastrocche impudiche fintamente liberatorie, ci sembrano il canovaccio furbesco di chi non ha più nulla da dire e da dare al pubblico. Almeno per ora.
Solo la casta dei sinistri dirigenti Rai continua a strapagare le sue performances da guitto, come fa con il telepredicatore Celentano o con il monotematico Saviano. Quello che ci risulta indigeribile e’ che questa volta il repertorio sboccato e disturbante per molti, a meta’ tra taverna toscana e centro sociale di periferia, sia approdato nello show di Fiorello a macchiarne la simpatia e la creativita’. Anche Fiorello ci e’ sembrato esageratamente genuflesso al comico toscano troppo parolaio, sudato e replicante. Che barba, ragazzi! Meglio Checco Zalone e Cetto Laqualunque, più autenticamente popolari e senza pretese intellettualistiche.
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