Schiacciante, roboante, sconfitta del PdL alle amministrative. 11 capoluoghi su 11 al centro-sinistra con un Alemanno staccato di 20 punti percentuali nelle macerie di una vittoria che fu, nel 2008. Non c’è partita. Ove non c’è un Cavaliere da votare i nostri non votano il popolo azzurro, anzi, nemmeno si presentano all’urna. Alla luce di questa drammatica realtà andrebbe aperta una seria fase costituente all’interno del centro-destra. Silvio non può esserci per sempre e i colonnelli senza quid non sono capaci di diventare generali. L’ex premier lo sa, lo sapeva, che senza di lui quel partito di plastica non esiste. Ecco perché aveva cercato di portare Renzi in quota azzurra, sperando di estrarre il famoso coniglio dal cilindro. O magari un Draghi, insomma, qualcuno di spessore che sia cresciuto al di fuori di quella dorata casa delle libertà.
L’errore più grande che può essere imputato, politicamente, al one man show di Arcore, è quello di non avere allevato outsider. Non è maturata una squadra di spessore capace di guidare il team elettorale ed il timing dell’esposizione mediatica. Insomma, v’è penuria d’altri mostri della comunicazione. La stella di B sembra condannata a splendere fintanto non sia più possibile farlo. Non ha alternative. Al “meno male che Silvio c’è”, un giorno, ci rimarrà il “Meno male che Silvio c’è stato”.
Twitter @andrewlorusso
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