Insediato il nuovo Parlamento, tra pochi giorni Giorgia Meloni riceverà l’incarico di varare il nuovo governo. Vorrei darle un consiglio (non richiesto): sia soprattutto se stessa, non tema di rompere qualche schema e non si lasci distrarre da più o meno interessati “consigliori”.
Attraversa un momento positivo in termini di popolarità e quindi un (breve) periodo politico di relativa tranquillità, ma all’interno di una coalizione insoddisfatta e soprattutto in una situazione economica che esploderà – temo – a tempi brevi. Meglio si attrezzi da subito all’emergenza.
Entro una settimana dovrà proporre il suo nuovo e primo governo: scelga il meglio, “a naso”, a buonsenso, senza “totoministri” e sulla base di rapporti diretti e personali, senza lasciarsi troppo distrarre dalle logiche di partito e senza leggere i giornali, nel senso che non deve aver paura di rompere anche con il passato, perché se la continuità è importante lo è anche la diversità visibile su alcune scelte, il che passa anche attraverso i volti che le declinano.
Vorrei fosse finito il tempo in cui si fanno ministre le “amichette”: discontinuità! Credo che la maggior parte degli elettori che l’hanno votata chieda infatti freschezza, cambio, volti nuovi coniugati alla competenza, non importa se siano persone più o meno gradite agli apparati (o “nipotine” del Cavaliere).
Il momento è economicamente difficile, la “tempesta perfetta” più che essere in agguato è già ben netta all’orizzonte, visto che ci stiamo infilando a testa bassa in un periodo turbolento e che per l’Italia rischia di diventare critico; non solo perché il “sistema Paese” è logorato e sarà messo alla prova, quanto perché molti saranno tentati – all’interno e all’esterno – di sparare da subito a palle incrociate sulla premier e la sua nuova maggioranza, sperando di abbatterla il più presto possibile, come avvenne con Berlusconi nel 1994.
Al di là dei sorrisini, Giorgia Meloni non può risultare molto gradita agli apparati speculativi, alle solide (e a volte torbide) alleanze politica-potere incrostatesi nel tempo a Roma come a Bruxelles. Dall’altra parte, la gente l’ha votata perché spera, magari considerandola come ultima spiaggia, oppure per protesta, o “perché il resto è anche peggio”.
In definitiva tutti hanno un grande senso di aspettativa. Vale sul fronte interno, dove avrà ostili la maggior parte delle fonti di stampa, i partiti avversari, sicuramente la struttura “alta” della piramide che la politica ha messo in piedi nei decenni e che teme di essere a rischio di emarginazione.
All’esterno, il “boccone Italia” è già stato abbondantemente spolpato, ma un po’ di buono c’è ancora e il forte richiamo ai valori nazionali non è stato da subito una bella musica per chi è abituato a considerare l’Italia una realtà debole, piagnucolosa, indebitata e quindi nella “fascia bassa” tra i partner europei più credibili, certamente non tra i VIP dell’Unione.
La Meloni è troppo furba per cadere invece nel tranello del fascismo-antifascismo, anche perché è la dimostrazione pratica di una problematica politicamente superata, che no “tira” più alla vigilia del centenario della Marcia su Roma, anche se qualcuno (per ora tacitato) faceva finta di temerlo in campagna elettorale.
Le prime settimane saranno quindi delicate e pericolose, ma necessarie per impostare un nuovo ritmo, se Giorgia sarà capace di darlo al Paese. A cominciare dal timing di governo. Una squadra da inventare, a dispetto dei leader concorrenti che vorrebbero sistemare prima di tutto i propri fedelissimi (e fedelissime!); insomma, Giorgia dovrà avere il coraggio spesso di dire di no, questo sia nel segreto dei palazzi che a livello di opinione pubblica.
Cominciano già le agitazioni di piazza e le proteste per le bollette, giustificate ma – guarda caso – evitate finché il PD è stato al governo.
Mille i problemi, a cominciare dal Pnrr che non è a posto; e comunque siamo ancora agli acconti, non alle verifiche di conformità che libereranno il grosso delle risorse. Temo che avere un facile ok da Bruxelles sia una pia illusione.
Nell’infinita serie delle priorità, ci sarà infine la scelta degli amici internazionali e il mercato non offre molto all’Italia. Scontate le distanze da Orban, gli eventuali alleati europei di prima fascia sono tutti da inventare, potenzialmente infidi perché tutti vivono male la crisi che colpisce tutti e ciascuno. Poi la guerra, dove Meloni ha assicurato continuità, anche se sa benissimo che all’interno di Fratelli d’Italia più d’uno è scettico e il dissenso rischia di diffondersi dentro e fuori il partito.