Aveva muscoli di ‘seta e non di lana’. Mennea ‘e’ stato quello che era nato per essere’. Carlo Vittori si ricorda bene quel ragazzo esile e bianco che un giorno in meno di 20 secondi rivoluziono’ la sua vita e l’atletica italiana: di Pietro Mennea Vittori e’ stato il maestro, l’uomo che ha forgiato il giovane di Barletta diventato campione olimpico e recordman. E che ora spegne sessanta candeline. ‘Gli auguro di vivere felicemente fino a cento anni – dice Vittori – e anche di poter lasciare l’eredita’ biologica’. Di quelle doti che il tecnico che a Formia ha lavorato per anni quasi in simbiosi con lo sprinter continua a elogiare.
‘Aveva una muscolatura particolare – continua Vittori – peccato per quell’eccesso di scrupolo, per quel senso di responsabilita’ che non gli ha giovato in carriera. La responsabilita’ gli pesava troppo, era un fardello, avrebbe dovuto essere un po’ piu’ bohemien’. Pero’ i risultati erano straordinari: ‘Ha segnato un’epoca che nessuno vuole seguire. A questo proposito voglio ricordare un dato: dopo l’oro olimpico e il record dei 200 (19’72 ndr) era uscita una statistica in cui nei primi 50 risultati al mondo di tutti i tempi Menna c’era trenta volte. Un record nel record’.
Un binomio, Vittori-Menna, da cui ognuno dei due ha avuto modo di imparare. ‘Lo ringrazio per essersi sottoposte alle angherie piu’ futuriste dell’atletica – sorride Vittori – Certo dovevo assecondarlo: con la sua volonta’ e la sua salute era lui a dettare i carichi di lavoro. Era meglio accontentarlo…’. Ma a distanza di tanti anni pero’ parlare di Mennea e’ ancora motivo di orgoglio. ‘Con lui ho imparato la mia professione’ conclude Vittori. Per il sessantenne Mennea non poteva esserci auguri migliori.
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