Ho interrogato in Commissione Affari Sociali della Camera – insieme ai colleghi Christian Di Sanzo e Toni Ricciardi – il Ministero del Lavoro per avere chiarimenti in merito al fatto che l’Inps continua a negare, secondo noi ingiustamente, l’Assegno unico universale ai richiedenti residenti in Italia ma con figli a carico residenti all’estero, come se questi ultimi non facessero parte dello stesso nucleo familiare e come se, appunto, non fossero a carico dei genitori (o del genitore) residente in Italia.
Crediamo invece che in virtù della normativa italiana attualmente in vigore che disciplina il diritto all’Assegno unico e soprattutto del diritto della UE e dei Regolamenti comunitari di sicurezza sociale, l’Assegno unico debba essere erogato, se sussistono tutti i requisiti di legge, anche per i figli a carico residenti all’estero del richiedente residente in Italia.
Il rifiuto di riconoscere il diritto all’AUU da parte dell’Istituto previdenziale italiano sembra sia dovuto al fatto che l’Assegno unico universale non debba essere concesso a favore dei figli a carico residenti all’estero perché questi non farebbero parte del nucleo Isee – anche se a carico! – perché non conviventi.
In realtà – come abbiamo rilevato nell’interrogazione – la stessa legge istitutiva dell’Assegno unico prevede la concessione del beneficio, seppur con un importo minimo previsto dalla normativa, anche a coloro i quali ne fanno richiesta in assenza di Isee. Ma soprattutto – abbiamo sottolineato – in più occasioni la Corte di Giustizia europea ha sentenziato che (sulla scorta dell’ articolo 7 del regolamento n. 883/2004, intitolato «Abolizione delle clausole di residenza») le prestazioni in denaro dovute a titolo della legislazione di uno o più Stati membri non sono soggette ad alcuna riduzione, modifica, sospensione, soppressione o confisca per il fatto che il beneficiario o i familiari risiedono in uno Stato membro diverso da quello in cui si trova l’istituzione debitrice.
Inoltre – abbiamo voluto evidenziare – che la Commissione europea ha aperto contro l’Italia due procedure di infrazione sull’Assegno unico e ha inviato al Governo italiano una lettera con parere motivato – che prevede una risposta urgente per evitare un eventuale deferimento alla Corte di giustizia europea – in cui spiegava che la richiesta di due anni di residenza e il requisito della «vivenza a carico» – necessari per l’ottenimento dell’Assegno unico – «violano il diritto dell’Ue in quanto non trattano i cittadini dell’UE in modo paritario, il che si qualifica come discriminazione».
Per questi motivi abbiamo chiesto al Ministro del Lavoro se non ritenga logico, giusto e opportuno riconoscere il diritto all’Assegno unico universale (attualmente negato) ai richiedenti residenti in Italia ma con nucleo familiare a carico residente all’estero.
Auspichiamo una risposta tempestiva e positiva perché sono migliaia i cittadini residenti in Italia ma con figli residenti all’estero a cui viene negato un sacrosanto diritto.
Fabio Porta, deputato Pd eletto in America Meridionale