L’uso spregiudicato dei mass media e il tentativo di scaricare su tutti le colpe per una gestione predatoria dei fondi usati solo per tornaconto personale. C’e’ anche il fiume di parole e la massiccia presenza in tv dietro la decisione di arrestare Franco Fiorito, l’ex capogruppo Pdl alla Regione Lazio, diventato in queste settimane il simbolo di ‘sprecopoli’, l’indagine che ha decapitato la Regione Lazio e che, come una lenta macchia d’olio, si sta allargando ai consigli regionali di mezza Italia.
‘Sereno ma combattivo’. Chi lo ha arrestato questa mattina nel suo appartamento nel quartiere Parioli a Roma, lo descrive cosi’. Pronto ad indossare il gessato di ordinanza per raggiungere Regina Coeli, Fiorito, accusato di peculato, ha aspettato che la Guardia di Finanza completasse la perquisizione della sua abitazione senza battere ciglio. Per il gip Stefano Aprile che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, sollecitata dalla Procura di Roma, Fiorito andava arrestato per il rischio di ‘inquinamento delle prove, di fuga e di reiterazione del reato’: andava fermato perche’ e’ un soggetto dalla ‘notevole pericolosita’ sociale’.
Il giudice in 29 pagine motiva la decisione dell’arresto demolendo la strategia difensiva del Batman di Anagni. Per il gip ‘concreto ed attuale e’ il pericolo che Fiorito possa tornare a compiere, se in liberta’, delitti contro la pubblica amministrazione’. L’ex capogruppo ‘continua a ricoprire la qualifica di pubblico ufficiale, come anche a disporre del denaro pubblico’: condizioni che lo pongono nelle condizioni di poter replicare la ‘spoliazione’ dei fondi destinati al gruppo. Per i magistrati il Batman ciociaro ha messo in atto un ‘inquinamento probatorio’ con un ‘depistaggio mediatico nei confronti dei testimoni a suo carico’. Una strategia tesa a confondere le responsabilita’ personali con quelle collettive
Come la lettera del 18 luglio scorso fatta da Fiorito per denunciare ‘l’uso improprio dei fondi da parte dei consiglieri’ proprio nel giorno in cui si registrava il picco massimo dei trasferimenti dal conto del gruppo Pdl ai suoi. O come le tracce di fatture trovate nel tritacarte o nella pattumiera di casa Fiorito, fatture alterate per una guerra politica sanguinosa. L’avvelenamento dei pozzi per mascherare i 193 bonifici fatti per far confluire sui conti in Italia e all’estero 1 milione e 380 mila euro, parte dei 6 milioni movimentati da Fiorito nei due anni da capogruppo. Un fiume di denaro che l’ex capogruppo ha tentato di giustificare: per lui quei soldi gli erano dovuti in base al cumulo di cariche che ricopriva alla Pisana. Una tesi che per i pm non regge in quanto Fiorito non aveva alcun diritto a quelle indennita’. Sui bonifici l’ex sindaco di Anagni fornisce giustificazioni ‘del tutto pretestuose e illogiche’ quando parla di ‘scelta del gruppo di attribuire’ alla sua ‘persona un’indennita’ doppia oltre a quella che gia’ godevo’.
Per Fiorito i soldi erano una sorta di ossessione al punto che in un solo giorno, il 2 luglio scorso, attraverso 6 bonifici nazionali e 7 esteri, ha versato centomila euro provenienti dai conti del gruppo sui suoi conti correnti. Tra le altre spese ‘pazze’, e documentate nell’ordinanza del gip, anche quella da 34 mila euro per l’acquisto di una Jeep il 13 febbraio scorso, nel giorno in cui Roma veniva investita da una storica nevicata. O la caldaia per la sua villa al Circeo. Da parte sua c’e’ stato, sostengono gli inquirenti, un ‘utilizzo incontrollato’ di carte di credito, bancomat e assegni per spese quasi mai per ‘fini politici’ e senza ‘giustificazione contabile’. Per questo l’attivita’ di indagine prosegue e si incentra su circa 4 milioni e 600 mila euro: in primo luogo sui 2,6 milioni di euro in bonifici diretti a terzi e su altri due milioni fuoriusciti dai conti attraverso assegni, contanti e carte di credito. Il prossimo confronto tra i magistrati e Fiorito e’ fissato per giovedi’, quando verra’ sottoposto ad interrogatorio di garanzia.
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