Nuova ondata di arresti negli ambienti dell’estremismo islamico in Francia. Stamattina quattro persone sono state fermate nella banlieue di Parigi e nella regione sudorientale del Var per sospetti legami con una "filiera jihadista" collegata con gli islamisti siriani.
I quattro fermati, secondo quanto riferisce la stampa transalpina citando fonti vicine all’inchiesta, sono accusati di essere coinvolti, a livelli diversi, in un gruppo organizzato che individuava giovani desiderosi di imbracciare le armi in nome dell’Islam radicale e li aiutava a raggiungere i gruppi combattenti in Siria. Per individuarli, gli inquirenti hanno seguito una delle loro potenziali reclute, un frequentatore abituale degli ambienti musulmani radicali intenzionato a partire per la ‘guerra santa’ siriana.
Allo stesso tempo, rivela il quotidiano Le Parisien, un giovane francese legato alla rete della jihad siriana in Europa sarebbe stato fermato in Belgio, nel sobborgo bruxellese di Shaerbeek, con l’accusa di aver fornito supporto logistico. Affidati alla custodia della divisione antiterrorismo della polizia, i quattro arrestati in Francia si trovano ora in stato di fermo a Levallois-Perret, banlieue parigina, nell’edificio che ospita le direzioni generali della polizia e della sicurezza nazionale, dove sono stati interrogati e attendono ora la formulazione dei capi d’accusa.
"Non bisogna lasciare alcuna chance a questi terroristi", ha commentato il ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve, che per primo ha dato la notizia degli arresti ai microfoni di Europe 1, lodando l’efficacia della "caccia totale" portata avanti dagli inquirenti. La soddisfazione per gli arresti odierni non e’ pero’ riuscita a zittire le polemiche sorte intorno all’arresto di un altro jihadista, il ventinovenne Mehdi Nemmouche, reo confesso dell’attacco al Museo ebraico di Bruxelles del 24 maggio. L’uomo era stato a piu’ riprese segnalato come pericoloso, finendo addirittura schedato dai servizi segreti, ma nessuno e’ stato in grado di fermarlo. Sotto accusa e’ finita in particolare la mancanza di coordinamento fra servizi segreti e forze di sicurezza europee e mediorientali.
Nemmouche era infatti stato segnalato come "islamista radicalizzato" alla sua uscita dalle prigioni transalpine, nel dicembre 2012, ma era riuscito senza particolari difficolta’ a recarsi a Bruxelles e da li’ volare in Libano, via Londra, per poi spostarsi indisturbato prima nel Sudest asiatico e poi in Turchia. Solo diversi mesi dopo, a fine marzo 2013, su di lui si riaccendono i riflettori: al suo rientro in Europa, dalla Germania, l’insolito itinerario percorso fa scattare un campanello d’allarme tra i doganieri tedeschi, che lo segnalano come elemento sospetto ai servizi francesi.
Il suo nome finisce cosi’ schedato in categoria ‘S’, "persona da sorvegliare", ma ciononostante l’uomo riesce a sparire dai radar, ricomparendo solo la scorsa settimana, per compiere l’attentato di Bruxelles. Dove nessuno sospettava che fosse pericoloso, dato che, rivela Le Figaro, il suo nome "non era per nulla noto" ai servizi di sicurezza belgi, nonostante gli stretti legami di cooperazione giudiziaria esistenti con la Francia.
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