Definire il presidente eletto dell’Argentina Javier Milei un “Beppe Grillo che ce l’ha fatta” è un errore. Infatti, il Movimento 5 Stelle non ha nulla a che fare con il partito del nuovo presidente argentino, il Partido Libertario, il quale fa parte della coalizione Libertad Avanza.
Il Movimento 5 Stelle è un partito statalista nato come partito pigliatutto. Basta pensare ai bonus e al Reddito di Cittadinanza che ha proposto quando era al governo.
Al contrario, il partito di Milei è anti-statalista e ultraliberista. Di sicuro, non approverebbe le politiche dei governi italiani presieduti da Giuseppe Conte.
Il nuovo presidente vuole proporre la dollarizzazione e il capitalismo e vuole abbandonare la politica filo-cinese portata avanti dai peronisti dell’attuale governo del presidente in carica Alberto Ángel Fernández. Ci riuscirà?
Purtroppo, laddove vige lo statalismo, ci sono tanti che (come si dice volgarmente) “mangiano grazie alle istituzioni”. Infatti, un’organizzazione statalista fa sì che lo Stato diventi una sorta di ufficio di collocamento per burocrati che vengono inseriti negli uffici pubblici, che si moltiplicano.
I posti di lavoro creati dallo Stato sono creati nello Stato e pagati dai cittadini, con le tasse. L’implementazione del programma di Milei comporterà la soppressione di molti uffici pubblici. Personalmente, sono favorevole ad una cosa del genere, perché meno burocrazia equivale a meno tasse e a più libertà.
Di sicuro, molti burocrati non avranno votato Milei. Nessuno vota chi ha in programma di “togliergli la pagnotta”. Il rischio è che ci possano essere delle manifestazioni imponenti contro un programma di quel tipo. Inoltre, con la dollarizzazione e un conseguente avvicinamento agli Stati Uniti d’America, gli accordi con la Cina precedentemente sottoscritti dovranno essere abrogati. Come reagirà Pechino?
Riuscirà Milei a segare l’albero dello statalismo? Sarà tutto da vedere. Come disse un noto politico italiano, prepariamo i pop corn perché ne vedremo delle belle.