La polemica sorta a causa della rimozione della statua di Cristoforo Colombo a Buenos Aires, da quanto si puó leggere, mi sembra che giri intorno a falsi problemi. É inutile che si discuta dell’ubicazione del monumento o di possibili eventuali danneggiamenti. La reale ed unica motivazione della rimozione, è solo ideologica e politica.
Vale la pena di ricordare che, già vari anni fa, una bellissima statua di Colombo, presente in una delle principali piazze di Caracas, fu assaltata, divelta e spezzata, dipinta di rosso e trascinata con le corde lungo le strade.
Agli occhi di certi politici e ideologi latinoamericani, Cristoforo Colombo rappresenta un mondo che ostinatamente rifiutano, e per attaccare il quale tentano di riscrivere la storia, dandone un’interpretazione vittimistica.
Questa ideologia revanscista, sostenuta in tanti paesi latinoamericani, rifiuta la cultura e le conquiste dell’Occidente, senza che i suoi sostenitori si rendano conto di esserne loro stessi discendenti ed eredi. Costoro, e vogliamo sperare che siano sempre una minoranza, sono immersi nella cultura occidentale e usano le invenzioni tecnologiche dell’Occidente, ma credono di non farne parte. Sono cristiani, leggono e scrivono in castigliano, usano le automobili, i computer e i cellulari. Guardano la tv, desiderano dollari, giocano al calcio. Ma credono che i loro mali derivino dalla conquista spagnola di mezzo millennio fa, e, invece di analizzare le proprie colpe, continuano a responsabilizzare le democrazie occidentali delle proprie arretratezze.
Guarda caso, maggiore è il grado di prevalenza dell’ideologia terzomondista e statalista in un paese, e minore è il suo sviluppo. In Sudamerica si va dal Cile al Venezuela. Il primo, adottando un buon grado di liberalismo economico, ha ottenuto un’elevata crescita e il miglioramento del livello di vita, ed esporta molte delle sue produzioni industriali ed agroalimentari. Nell’altro estremo il Venezuela, il cui attuale esperimento politico, comunisteggiante e dirigista, ha portato al piú alto livello di inflazione, alla distruzione di centinaia di imprese e di produzioni, e alla necessità di ricorrere ad importazioni perfino per necessità alimentari basiche, pagate con l’unica ricchezza del petrolio.
Un acuto intellettuale venezuelano, Carlos Rangel, scrisse quarant’anni fa il libro “Del buen salvaje al buen revolucionario”. Si tratta di un testo la cui validità rimane attuale e che tutti dovrebbero leggere. Un altro grande intellettuale e storico venezuelano, Arturo Uslar Pietri, scrisse della necessità di “sembrar el petroleo”. Ma Rangel e Uslar Pietri furono e restano controcorrente. Purtroppo i cattivi maestri e i demagoghi sono stati predominanti in America Latina.
Oggi gli stati retti da regimi che tendono al totalitarismo, stanno ripetendo errori già condannati dalla storia. D’altra parte, anche in Italia, un certo multiculturalismo e relativismo, assumono a volte il carattere di una resa a culture pericolose, perchè sono massimaliste e intolleranti, e intrinsecamente antioccidentali.
Oggi prendersela con i monumenti a Cristoforo Colombo è di moda ed è facile, ma non sempre se ne capiscono le sottintese ragioni. Denunciare e resistere a queste tendenze, è doveroso non solo per il rispetto al grande Genovese, che, piaccia o non piaccia a certi presidenti, ha segnato in modo indelebile l’evoluzione della storia del mondo, ma anche per l’orgoglio di noi italiani, che abbiamo contribuito a popolare l’Argentina e tanti paesi americani, e che, con le nostre capacità e il nostro lavoro, stiamo continuando a contribuire al loro sviluppo.
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