L’ultimo giorno del ramadan in diverse città del Paese della monarchia saudita, che guarda al futuro ma è sempre più vicina al passato che ritorna, si sono vissute ore di terrore. Sono state messe sotto attacco le città più importanti del Paese: sangue a Madina, città santa dell’islam, sul sagrato della moschea del Profeta Maometto; sangue a Qatif, capoluogo della regione a maggioranza sciita nell’est del Paese; e sangue a Jeddah, vicino al consolato Americano; Jeddah è il porto più importante dell’Arabia Saudita.
Nessun ferito italiano, la situazione è sotto controllo: la nostra diplomazia ha avvertito subito la nostra comunità che a Jeddah conta circa 800 connazionali. La nuova monarchia ha approvato di recente un piano strategico per il futuro del Paese, Saudi Vision 2030: un piano che nei prossimi 14 anni dovrebbe puntare alla diversificazione economica, così da ridurre al minimo la dipendenza del regno dal petrolio.
Nel corso dell’ultimo anno il Paese, le cui entrate dipendono per un buon 80 per cento dal petrolio, ha dovuto fare i conti con il problema derivante dai prezzi del petrolio ai minimi storici, spinti al ribasso per eccesso nella produzione globale.
La "visione per il Regno dell’Arabia Saudita" prevede la vendita di una quota del petrolio del governo al gigante Saudi Aramco, attraverso un’iniziale offerta pubblica che dovrebbe portare alla creazione del più grande fondo sovrano del mondo, con oltre 2 miliardi di dollari di asset. Un "Piano di Trasformazione Nazionale", che sosterrà il Regno per i prossimi cinque anni; con particolare attenzione ad aumentare l’efficienza del governo, promuovere la crescita economica, espandere il settore privato e creare posti di lavoro.
Tra settembre 2014 e febbraio 2016 i prezzi globali del petrolio sono scesi di circa il 70 per cento, contribuendo nel 2015 a gonfiare il deficit del bilancio saudita fino a 98 miliardi di dollari – una cifra equivalente a circa il 15 per cento del suo prodotto interno lordo. Quest’anno, il deficit dovrebbe ridursi al 13,5 per cento.
Nel mese di dicembre, il governo saudita ha annunciato una serie di tagli alla spesa e delle riforme finalizzate a ridurre il deficit di bilancio a circa 87 miliardi di dollari entro la fine di quest’anno, dopo che il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha avvertito che il Paese può rischiare di rimanere a corto di liquidità. Nello stesso rapporto il FMI ha dichiarato che le riforme del mercato del lavoro sono state un elemento essenziale per porre le basi della diversificazione economica.
Tuttavia, mentre la monarchia guarda al futuro, si deve confrontare con il suo passato: l’Isis è figlio di quella stessa politica che la famiglia Reale ha usato per prendersi la penisola araba. Nello tesso tempo i sauditi stanno ancora combattendo una guerra nello Yemen nel silenzio di tutti i media. L’Arabia Saudita fa parte del Consiglio Onu, rappresentante dei diritti umani, e di recente Amnesty International e Human Right Watch hanno chiesto all’Assemblea generale di sospenderli dal Consiglio.
La guerra contro lo Yemen ha provocato 6000 morti, più di un milione di sfollati e ben 21 milioni a rischio povertà. Tutto questo dal marzo 2015; e chissà che quei morti non abbiano anche il marchio del made in Italy, visto che noi italiani siamo tra i primi a vendere armi alla monarchia saudita. I sauditi dovrebbero imparare dalla loro Storia e capire che quelli dell’Isis sono come i Wahhabiti… che li aiutarono a conquistare il regno. L’Isis cerca di riconquistare le terre che furono del regno Ottomano.
PS Speriamo che quando vado in Arabia non mi arrestino
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