Aveva solo vent’anni il Ninno e l’assalto alla roccaforte dei nemici, in quell’afoso giugno del 1984, rappresento’ il battesimo del fuoco. La morte di Ciro Nuvoletta segno’ l’avvio di una guerra senza quartiere che riflettera’ in Campania lo scontro in atto tra le cosche della mafia in Sicilia. La sera stessa il Ninno, ovvero il bimbo come lo avevano soprannominato per i tratti da eterno adolescente, era ormai pure lui un boss: davanti ai due capi, Antonio Bardellino e Vincenzo De Falco, appena dopo l’agguato, si svolse infatti il rito di affiliazione: il dito ”punciuto”, il santino macchiato di sangue che si incendiava tra le mani, il giuramento che sarebbe bruciato come quella figurina se avesse tradito.
Non ha mantenuto il patto Antonio Iovine, boss pentito del clan dei Casalesi e oggi, in un’aula del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, e’ andato in scena il primo atto di un romanzo criminale che lui stesso ha contribuito a scrivere, pagine che raccontano di regolamenti di conti, lotte intestine, appalti pilotati, funzionari e amministratori comprati o collusi, e sullo sfondo una giostra di soldi da far venire le vertigini. Tanto che quando assurse ai vertici dell’ organizzazione, per le sue esigenze personali, che andavano dallo stipendio ai guardaspalle alle vacanze in giro per l’Europa durante 15 anni di latitanza dorata, gli occorrevano centomila euro al mese, prelevate dalle casse dei Casalesi.
Incalzato dalle domande del pm della Dda di Napoli Antonello Ardituro, il magistrato che lo ha convinto a collaborare con la giustizia, Iovine in videoconferenza da un sito protetto ha riferito i misfatti del clan, ora nelle linee generali, ora entrando nei dettagli. Dichiarazioni destinate a essere arricchite sempre da nuovi particolari (la collaborazione e’ iniziata da meno di un mese) e che minacciano di abbattersi come un colpo di maglio su quel che resta di un’organizzazione scompaginata da arresti e condanne e colpita nel suo immenso patrimonio economico.
Iovine risponde scandendo le parole, adopera un linguaggio che potrebbe apparire persino forbito rispetto agli standard di chi lo ha preceduto in queste aule. E racconta in primo luogo degli omicidi, ammettendo di essere l’esecutore materiale di numerosi delitti, per molti dei quali, tuttavia, dopo condanne in primo grado, venne assolto. ”Ho commesso tanti omicidi, non li ricordo tutti…", dice dopo aver spiegato di aver deciso di collaborare ”per dare una svolta alla mia vita e un futuro migliore alla mia famiglia”.
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