Esiste un fenomeno di cui si parla poco, ma che è sempre più in crescita: il cosiddetto analfabetismo di ritorno. E’ la perdita delle competenze acquisite in gioventù.
Perché succede? La risposta potrebbe stare nel fatto che ci sia una discrasia tra il mondo dell’istruzione e quello del lavoro.
In pratica, l’esigenza del mondo del lavoro e quello dell’istruzione non combaciano. Così, un giovane che si diploma in chimica si trova, per esempio, a lavorare in magazzino e a fare il cameriere. Di sicuro, non serve conoscere i calcoli stechiometrici e le formule chimiche per guidare un muletto.
Quel giovane si porrà delle domande e si chiederà se sia valsa la pena di aver studiato. E questo è un problema molto serio.
Un ragazzo investe molto nello studio, ma quando si dovrà confrontare col mondo del lavoro probabilmente si troverà costretto a fare un lavoro diverso agli studi svolti. Per carità di Dio, il lavoro è lavoro e nobilita l’uomo. Avere un lavoro significa essere indipendenti. Però, è un investimento. Avere studiato e fare un lavoro diverso da ciò che si è studiato significa avere fatto un investimento a vuoto.
Per questo motivo, ci sono coloro che preferiscono iniziare a lavorare anche dopo aver conseguito la licenza media. Questo è un problema. La nostra società rischia di trovarsi con una generazione futura di analfabeti. Non sarebbe il caso di intervenire?