A vincere è stata ancora una volta l’astensione, nei 563 comuni in cui si è votato fino alle 15 di oggi per il rinnovo delle amministrazioni, con Marino che pare in testa a Roma, ma non tanto da scongiurare il ballottaggio e il Movimento 5 Stelle in calo del 15%. Il crollo di affluenza è generalizzato e tocca i 15 punti, con molti dei sette milioni di cittadini interessati, che hanno disertano le urne e non per il cattivo tempo, ma per il cattivo rapporto con la politica.
Alle 18 Marino è intorno al 40%, ma il dato shock riguarda l’affluenza, con solo il 52,8% dei romani al voto, quasi 21 punti percentuali in meno rispetto alle precedenti, quando votò il 73,6% degli aventi diritto. Ed i principali quotidiani parlano di una fuga dalle urne che fa seguito alla fuga dalle piazze e di gente che non si fida più di nessuno e di nessun genere di schieramento.
Poco conta la condanna a 3 anni e 4 mesi al’ex capogruppo del Pdl in regione Lazio Franco Fiorito, perché è netta la sensazione che poi, in fondo, nonostante promesse ed interventi, di fatto non cambi nulla.
E’ significativo che il calo più marcato sia nella regione Toscana, a forte partecipazione negli anni passati, con una diminuzione di elettori alle urne pari al 20,52% e che al terzo posto (dopo il Lazio), si collochi un’altra regione dal passato glorioso quanto ad impegno, l’Emilia Romagna, in cui si è registrata una regressione del 18,84%.
Fanno eccezione, con un calo minimo di votanti, le regioni del Sud: Campania con il 4,70% di elettori in meno, la Puglia con il 5,08%, la Calabria con il 5,11%, la Sardegna con il 5,59%, il Molise con il 5,99%, la Basilicata con il 6,81% e l’ Abruzzo con il 7,95%.
Zaino in spalla, giubbino impermeabile e pantalone scuro, il candidato sindaco di centro sinistra, Ignazio Marino ha votato domenica intorno alle 11.45 al seggio di via Gesù e Maria, nel Tridente, dove si è presentato in bicicletta ed ha detto ironicamente: “E’ qui la festa?”, non facendo sorridere alcuno.
Ed anche il referendum di Bologna, quello che chiedeva di abolire il finanziamento del Comune alle materne private sfiora la disfatta, col comitato del no alle private che ottiene il 60%, ma una affluenza ferma al 28,7%, la più bassa di sempre, tanto che nessuno se la sente di parlare di vittoria.
I dati diramati oggi sono incontrovertibili: su 290mila aventi diritto, ieri sono andati a votare soltanto 85.934, il dato più basso della storia della città, dove mai, neppure nei precedenti referendum cittadini – che per regolamento sono comunque soltanto consultivi e dunque sono senza quorum – si era scesi sotto la soglia del 30. Sicché anche se ha vinto l’opzione A, quella che prevedeva il voto a favore della revoca del contributo comunale alle materne, ed anche se i promotori della consultazione hanno festeggiato tra abbracci e bottiglie di vino, ci è sembrata una festa triste e senza davvero nulla da festeggiare.
La fuga dalle urne è inequivocabile, perentorio atto di volontà politica contro tutti i partiti, contro tutti i candidati, contro tutte le posizioni. Come dice Stefano Folli: “E’ una condanna per i partiti e i loro candidati, anche i più protestatari: tutti sotto accusa per aver spento le speranze nel futuro d’Italia”. Così nessuno può gongolare o dirsi vincitore e tutti i politici, di destra e sinistra, debbono prendere ancora una volta atto che gli italiani approfittano di ogni occasione per dimostrare come la pensano, per dichiarare la profonda lontananza, la piena indifferenza e la crescente ostilità nei confronti dei partiti e dei loro esponenti.
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