“La vendetta di Vladimir Putin sarà veloce e spietata”. Lo afferma Edward Turzanski, copresidente del Centro studi sul terrorismo del Foreign Policy Research Institute, in una intervista a Repubblica, sull’attentato contro l’ambasciatore di Mosca ad Ankara. E aggiunge: “Sin dai tempi della Cecenia, quando soffocò la ribellione nel sangue, il leader russo ha dimostrato di non tollerare affronti al potere del Cremlino e soprattutto di non farsi troppi scrupoli”.
“L’episodio è inevitabilmente legato al ruolo più attivo della Russia nella regione: nel passato erano i diplomatici americani nel mirino di terroristi e attentatori, adesso questo ‘privilegio’ viene condiviso con altri. Per quanto riguarda il futuro dei rapporti tra i due paesi, molto dipenderà dalle posizioni che assumerà nelle prossime ore Tayyip Erdogan. Magari il presidente turco spera di poter dare le colpe ai suoi arcinemici, cioè i curdi, ma la matrice potrebbe essere ben diversa, vista la crescente insofferenza dei turchi per i rifugiati siriani. Comunque Erdogan dovrà dimostrare a Putin di essere indignato come lui e pronto a reagire”.
Esclude quindi che la morte dell’ambasciatore porti Mosca a rivedere alcune strategie sulla Siria: “No, assolutamente no. A questo punto gli obiettivi di Putin in Siria sono molto chiari e non cambieranno. Mosca vuole mantenere le sue basi militari in Media Oriente, tenere al potere Bashar al Assad, usare l’Iran per tenere a bada l’estremismo sannita e soprattutto rafforzare l’influenza russa in una zona ormai vastissima, che va dalle coste iraniane sul Golfo Persico a quelle mediterranee della Siria”.
E gli Stati Uniti rimarranno a guardare? “Putin si è convinto che, con l’arrivo di Donald Trump, Washington finirà per accordarsi: lo stesso presidente eletto ha fatto capire di voler combattere l’Isis al fianco dei russi”.
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