Un numero sempre maggiore di giovani italiani in fuga dall’Italia. Non fa eccezione l’Alto Adige: “Come se una cittadina poco più piccola di Bressanone fosse scomparsa. Il dato riguarda i giovani altoatesini che scelgono di andare a formarsi e poi restano a lavorare fuori dalla provincia: 20mila in un decennio, secondo le stime dell’Ire, l’istituto di ricerca economica della Camera di commercio di Bolzano. È proprio questa la prima sfida messa sul tavolo: non solo attrarre personale, serve pure riportare a casa chi se ne è andato”. Lo scrive Corriere dell’Alto Adige raccogliendo l’appello del presidente dell’ente camerale Michl Ebner secondo cui servono “forme di convincimento” sotto forma di condizioni di lavoro che oggi non ci sono: “E’ una cifra stabile negli anni. Sappiamo che ci sono delle professioni che in Alto Adige non esistono, e quindi una perdita fisiologica è normale. Ma è necessario investire di più in due misure fondamentali: scuola internazionale e abitazioni. Chi viene da fuori per lavorare non può essere messo nelle liste dell’edilizia sociale” sottolinea Ebner.
Un trend in aumento invece è quello dei Neet, cioè le persone che non sono impegnate in percorsi di studio o formazione né nel mondo del lavoro: in Alto Adige sono tra le 7 e le 9 mila, e secondo Ebner si tratta di un “grosso problema di quiete e coesione sociale. Abbiamo chiesto alla giunta di intervenire più volte con misure ad hoc”.