Il dott. Marco Ciambotta, biologo nutrizionista, ci fornisce alcuni consigli sulla frequenza dei pasti, sul loro apporto e sul digiuno intermittente. Una pratica di cui si parla molto ultimamente e che si deve affrontare seguiti da un medico.
I 5 pasti al giorno sono una leggenda che nasce dal fatto che impieghiamo energia per digerire, per cui se mangiamo più spesso utilizziamo più energia, ma non vero. L’energia impiegata per digerire non cambia rispetto al numero dei pasti ma alla composizione dei pasti.
Mangiamo alimenti processati o no? Mangiamo carboidrati complessi o zuccheri semplici? Mangiamo abbastanza proteine? Personalmente trovo molto utile fare solo 3 pasti al giorno per abituare il metabolismo a gestire piccoli periodi di digiuno e aumentare così la flessibilità metabolica e la sensibilità all’insulina.
Una buona struttura alimentare inizia anche da qui.
Anche il digiuno è importante in un’alimentazione equilibrata. Le indicazioni fino a qualche anno fa erano di non saltare assolutamente i pasti, ma in realtà le evidenze scientifiche hanno sdoganato la pratica del digiuno.
Oggi però si stanno scoprendo moltissimi benefici metabolici riguardo il digiuno, come ad esempio il rinnovamento cellulare, la flessibilità metabolica e la sensibilità insulinica. In fin dei conti siamo animali e nella nostra storia evolutiva non abbiamo mai avuto i supermercati aperti h24 e non abbiamo mai mangiato con continuità e costanza per 5 volte al giorno.
Per cui il nostro metabolismo ha le capacità di far fronte a dei periodi di digiuno, anzi credo sia corretto mantenerlo allenato in tal senso. Saltare gli spuntini è il primo passo per adattarsi al digiuno intermittente.
La flessibilità metabolica è la capacità del nostro corpo di bruciare grassi e carboidrati al momento giusto e di cambiare fonte energetica in base alle necessità. Purtroppo in molti di noi il metabolismo non è così efficiente e non riesce a bruciare correttamente i grassi per cui richiede costantemente energia sotto forma di carboidrati. Abbiamo costantemente fame di carboidrati. Questo causa un problema con l’insulina per cui le cellule ne diventano resistenti, che è la forma prediabetica. Il digiuno aiuta tantissimo a migliorare questi parametri, non a caso è presente in moltissime religioni e tradizioni.
Come praticare il digiuno
Il digiuno va gestito. Il dott. Marco Ciambotta lo consiglia al massimo per 16-20 ore per una o due volte a settimana. Periodi più lunghi rischiano di ridurre la massa muscolare che come sappiamo è fondamentale.
Nonostante infatti abbiamo una grande riserva di grasso e una piccola riserva di carboidrati nel corpo non abbiamo una riserva di proteine, che sono stoccate prevalentemente nei muscoli. Piccoli periodi di digiuno non compromettono la nostra salute, anzi possono migliorare la composizione corporea se la struttura alimentare è solida e c’è il giusto rifornimento di proteine.
Le proteine sono fondamentali, sia per il metabolismo che per la massa muscolare, e sono utili anche per ridurre il carico glicemico dei pasti. Una buona struttura alimentare prevede l’inserimento di una piccola fonte proteica in ogni pasto principale a partire dalla colazione. La notte infatti è un periodo di digiuno ed è importante inserire fin dal mattino delle proteine.
È anche importante variare tra proteine animali, che sono ad alto valore biologico perché ricche di aminoacidi essenziali come carne, pesce, uova e latticini, e proteine vegetali come legumi, ma anche cereali e frutta secca.
Mai consumare carboidrati da soli, ma sempre in associazione a proteine e fibre. Quindi una fonte proteica e verdure a pranzo e cena, mentre a colazione frutta o cereali integrali insieme a yogurt, uova o proteine in polvere. Un modo semplice per gestire i pasti è quello di rispettare gli abbinamenti e le proporzioni del piatto sano ideato dell’Università di Harvard basato sulle linee guida della dieta mediterranea ovvero 50% di verdure, 25% di fonti di carboidrati e 25% di fonti proteiche.
E per contrastare la fame fuori pasto?
Possiamo predisporre una serie di alimenti “paracadute” come frutta fresca, frutta secca, yogurt bianco, cioccolato fondente ma anche lupini o proteine in polvere a cui ricorrere se abbiamo improvvisamente fame.
È importante però riuscire a distinguere l’effettiva fame dalla sete o dalle voglie momentanee. Se si tratta di fame allora siamo ben disposti a mangiare uno yogurt con della frutta o uno shaker di proteine, se invece quello che vorremmo sono solo patatine, cracker o altri cibi spazzatura si tratta più semplicemente di una voglia.
La struttura alimentare per gli sportivi
A differenza di quanto si crede, il pasto pre-allenamento non ha una grossa incidenza (tranne che per atleti che effettuano allenamenti importanti e doppie sessioni). Se abbiamo una corretta struttura alimentare il corpo ha già tutto l’occorrente. Ossia aminoacidi nel sangue, perché abbiamo mangiato proteine nell’ultimo pasto principale, e glicogeno nei muscoli.
Il glicogeno si accumula prevalentemente post allenamento in cui il muscolo è avido di carboidrati, per cui nel pasto post allenamento è importantissimo inserire, oltre alle proteine, una buona dose di carboidrati, per permettere il recupero sia del glicogeno che dell’idratazione e la riparazione di danni muscolari.
Struttura alimentare, facciamo una sintesi.
Tre pasti principali e spuntini non obbligatori, inserire di tanto in tanto un piccolo periodo di digiuno oltre a quello notturno per adattarsi a fare un vero digiuno intermittente di 16 ore.
Importante è la presenza di una corretta quota proteica da distribuire nei pasti principali a partire dalla colazione. Per pranzo e cena vale la regola del piatto sano con verdure e una quota di carboidrati, che non vanno mangiati mai da soli.
Eliminare tutti gli alimenti spazzatura anche per riscoprire i veri sapori e predisporre degli alimenti paracadute in caso di fame. E ovviamente nei pasti in compagnia godersi gli extra e togliersi gli sfizi.