Silvio Berlusconi è convinto che ai suoi danni sia stata perpetrata un’ingiustizia, afferma di avere un grande consenso popolare e pretende "agibilità politica". Juan Domingo Peron, in Argentina, subì una serie di ingiustizie terribili. Trionfatore alle elezioni del 1946 col 56% dei voti, riconfermato alla grande nel 1951, fu deposto da un golpe militare nel 1955 e dovette riparare in esilio. Quando la giunta militare fu costretta ad indire finalmente libere elezioni generali nel 1973, il dittatore generale Lanusse si inventò la "clausola di residenza". Si poteva cioè candidare esclusivamente chi risiedeva in Argentina. Addio quindi ad ogni residua traccia di "agibilità politica" per Peron, costretto a vivere fuori dei confini della sua Patria da oltre 18 anni.
Ebbene, Peron non si perse d’animo e ideò la formula con la quale il Frejuli (Fronte peronista) si presentò alle elezioni: "Cámpora al Gobierno. Perón al Poder" (Campora al Governo, Peron al potere). Non potendo presentarsi in prima persona, egli candidò a Presidente della Repubblica il suo più stretto collaboratore, Héctor J. Cámpora, che vinse a furor di popolo. Fu la fine dei nemici di Peron e si aprì la strada per il suo ritorno in Argentina.
Ecco, invece di supplicare Napolitano nei giorni pari e minacciare sfracelli in quelli dispari, Berlusconi si dia da fare per andare alle elezioni quanto prima, candidi il suo fido Angelino Alfano e proclami: "Alfano al Governo, Berlusconi al potere". Se davvero ha un grande consenso popolare come dice, in questo modo riavrà alla grande la sua "agibilità politica". O davvero crede che questa consista in un seggio al Senato, luogo peraltro da lui scarsamente frequentato (99,92% di assenze)?
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