Un ‘assedio sonoro’ a Montecitorio, un tuffo nella Fontana di Trevi e poi urla, fischi e caschi sbattuti sull’asfalto davanti all’entrata del Ministero dello Sviluppo economico. Questa la protesta a Roma dei lavoratori dell’Alcoa di Portovesme che stamane si e’ inaspettatamente movimentata. I 56 operai, arrivati ieri nella capitale dalla Sardegna per chiedere il salvataggio di uno degli stabilimenti di alluminio piu’ importanti d’Italia, dovevano manifestare esclusivamente davanti al Ministero. Questa mattina, invece, il blitz davanti alla Camera dei deputati dove hanno compiuto, al grido ‘non molleremo mai’, un vero e proprio ‘assedio sonoro’ con i loro caschi portati in piazza. Poi il corteo verso la sede del ministero in via Molise tra petardi, slogan e uno striscione con la scritta ‘Alcoa’ dato alle fiamme. E gran finale a sorpresa: il tuffo, con tanto di bagno, di due operai nella fontana di Trevi, uno dei monumenti simbolo di Roma. ‘Abbiamo fatto un blitz per dare un segnale – ha spiegato Rino Barca della Cisl – Non e’ piu’ una trattativa meramente industriale. Se si dovesse fermare la fabbrica l’unico responsabile sara’ il governo’.
Una volta tornati sotto il ministero, dove si e’ svolta oggi una riunione tra governo, enti locali e Glencore – la multinazionale svizzera che potrebbe subentrare ad Alcoa – la protesta e’ continuata non senza inconvenienti: un lavoratore si e’ sentito male ed e’ svenuto mentre era arrampicato a quattro-cinque metri di altezza sul cancello di entrata del Mise. L’operaio e’ stato sorretto dai colleghi finche’ non sono intervenuti i vigili del fuoco che lo hanno staccato dalla cancellata e riportato a terra. L’uomo si e’ lentamente ripreso. Anche un altro operaio ha avuto un malore. Alla fine dell’incontro la delusione e l’amarezza tra gli operai e’ tanta: ‘Ci aspettavamo una risposta positiva – dice Manolo, 36 anni e da 17 all’Alcoa – siamo arrivati dalla Sardegna, dalla provincia piu’ povera d’Italia per ottenere cosa? Sempre rinvii o risposte negative’. E proprio a Portovesme l’esasperazione ha portato un lavoratore precario di 28 anni, con il contratto che non gli e’ stato rinnovato, a salire sopra un silos, alto 40 metri, per protesta. L’operaio, dopo aver minacciato di buttarsi, e’ stato convinto a scendere ed e’ tornato nel suo reparto a lavorare mentre a Roma gli operai sardi promettono: ‘La protesta non finira’: continueremo a sbattere i nostri caschi a terra fin quando non ci diranno che lo stabilimento continuera’ a marciare’.
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