La Malesia annuncia che dividerà al 50% con l’Australia i costi delle ricerche del volo MH370 scomparso l’8 marzo, che potrebbero durare anni e costare decine di milioni di dollari. Canberra, però, non conferma. Le autorità dei due Paesi hanno discusso la suddivisione dei costi questa settimana nella capitale australiana, ma oggi il ministro dei Trasporti locale Warren Truss non ha voluto confermare o smentire l’annuncio malese. "Non voglio dare alcuna indicazione su dove probabilmente finiremo. Stiamo discutendo di questa cosa con i malesi e altri Paesi che hanno interessi chiave", ha dichiarato Truss ad AP. Il governo di Canberra prevede di spendere 90 milioni di dollari australiani (84 milioni di dollari) nelle ricerche sino a luglio 2015.
Il costo dipenderà da quando il mezzo sarà trovato e da quanto gli altri Paesi decideranno di contribuire. Un legale spiega che gli obblighi dell’Australia sono pochi chiari, a causa del tipo di incidente, che non ha precedenti. I Paesi coinvolti, tra cui Malesia, Australia, Usa, Cina, Giappone, Regno Unito, Corea del Sud e Nuova Zelanda, sinora si sono assunti i costi delle ricerche. Ma il governo della Malesia, tramite il deputato Jailani Johari, ha detto ai giornalisti che i costi futuri saranno suddivisi a metà tra il suo Paese e l’Australia. Il Boeing 777 è scomparso durante un volo da Kuala Lumpur a Pechino, mentre trasportava 239 persone, e gli esperti ritengono che sia precipitato nell’Oceano indiano al largo della costa australiana. L’area di ricerca è cambiata diverse volte ma non è mai stata trovata alcuna traccia dell’aereo. I Paesi continuano a discutere di come finanziare la prossima fase delle ricerche con i sonar, negli oltre 56mila chilometri quadrati di fondale profondo sino a 7 chilometri.
Il ritrovamento è più complesso ancora di quanto lo fu quello del volo 447 di Air France precipitato al largo del Brasile nel 2009. Allora i rottami furono trovati dopo pochi giorni, ma ci vollero due anni per recuperare le scatole nere. Il governo francese, la compagnia aerea e il produttore Airbus pagarono la maggior parte delle ricerche sottomarine e del recupero. Il Brasile, come l’Australia, aveva responsabilità di ricerca sul luogo dello schianto, secondo la Convenzione sull’aviazione civile internazionale Onu, anche nota come Convenzione di Chicago. I costi furono però relativamente limitati.
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