“Colto da un impeto modernista che finirà per essergli fatale, Matteo Renzi, oltre che scassare la Costituzione, vuole anche mettere la famiglia tradizionale su un binario morto. Il ddl Cirinnà è pericoloso, e non solo perché apre a qualcosa ma perché chiude de facto la stagione della logica. Aprire alle adozioni gay sbandierando ai quattro venti di voler assistere un bisogno, significa mistificare la realtà e le vere esigenze di una società. Mi chiedo come mai non ci sia lo stesso vigore nel rendere più fluide le adozioni ad una famiglia composta da un padre e da una madre, che spesso sono costretti ad andare a migliaia di chilometri di distanza dall’Italia, investendo cifre significative mente gli orfanotrofi italiani restano sigillati. A pensare male si fa peccato, ma spesso non si sbaglia”. Così scrive Roberto Menia, Segretario Generale del Comitato Tricolore per gli italiani nel mondo, sul Secolo d’Italia.
“La destrutturazione sociale della famiglia e della vita (non dimentichiamo l’accelerazione che il governo vorrebbe dare sull’utero in affitto) è il rischio che l’esecutivo di un premier non eletto vuole imprimere al suo mandato. Forse per emulare la modernità degli Stati nord europei, forse per rottamare anche ciò che resta della tradizione cristiana italiana di cui forse Renzi si vergogna: ma milioni di italiani no. L’indignazione del mondo cattolico, associativo, delle famiglie, dei cristiani che vanno a Messa e osservano il Vangelo non è da bacchettoni: e se qualcuno al governo lo pensa si ricrederà. Si tratta invece di un moto intimo e di coscienza, da rivolgere contro chi pensa che indossare un chiodo e un jeans sia un vaucher per chiamare il padre genitore uno, e la madre genitore due. Significa mancare di rispetto alla maggioranza del Paese, che pur se preda di mille trasformazioni, è fondato sulla famiglia, ancora di più negli anni della crisi vero caposaldo sociale, che una guida saggia dovrebbe rafforzare, non delegittimare”.
“Il Family Day in questo senso resta uno schiaffo che il Paese intero infligge a Renzi, sempre più proiettato vero orizzonti che non appartengono all’Italia, ma che forse ha scorso tra qualche slide o nei farfugliamenti sui social network. Scuote il fatto che nessuno si stia impegnando, invece, per sostenere politiche relative alle famiglie, agli asili comunali, assistendo sui territori i bisogni reali degli italiani. Come se la disoccupazione, la cassa integrazione, le bollette sempre più alte, i rincari di autostrade e treni (grazie Renzi), fossero risolvibili con la battaglia ideologica contenuta nel ddl Cirinnà. Il governo sta guidando al contrario un Paese che evidentemente ha altre esigenze. Come non vedere il buco di Monte dei Paschi di Siena, come non suonare l’allarme per lo stallo sull’Ilva, sulle nomine pilotate senza uno straccio di curriculum, su alleanze molto variabili che stanno affossando contenuti come democrazia, partecipazione, strategie”.
“Molti, forse troppi, sono i commentatori secondo cui Renzi resta in sella per mancanza di alternative. Ma così facendo – conclude Menia – anziché curare il malato, gli si infligge il colpo di grazia. Se questo vogliono i mercati, allora ciò dovrà essere l’obiettivo che una destra social repubblicana metterà ne suo mirino: senza scorciatoie e con la determinazione di un tempo”.
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