Per tutti restera’ l’uomo delle 39 medaglie. Nessuno ha vinto quanto lui. Una longevita’ che ha pochi eguali nell’intera storia dello sport mondiale. Dopo Renzo Nostini, Edoardo Mangiarotti – morto questa notte nella sua abitazione a Milano, a 93 anni – era considerato l’ultimo dei grandi ‘moschettieri’ d’Italia. Uno dei principali interpreti di una straordinaria stagione della scherma italiana, maestro insuperabile di tanti campioni di oggi, esempio per una tradizione che si e’ sempre rinnovata nel tempo facendo della scherma lo sport piu’ medagliato. Un mito, e non solo della pedana azzurra.
Figlio d’arte Mangiarotti, ha vissuto il suo canto del cigno ai Giochi di Roma del ’60: chiuse la sua carriera, iniziata nel ’36, con le ultime due medaglie – una d’oro (spada a squadre), l’altra di argento (fioretto a squadre) – e lo sport italiano idealmente gli tributo’ una standing ovation. L’ultimo trionfo arrivo’ alla veneranda eta’ di 41 anni, tanti quanti nel calcio ne ha dovuti aspettare Dino Zoff per alzare la sua prima coppa del mondo. Di medaglie d’oro, tra olimpiadi e mondiali, Mangiarotti ne ha portate al collo tante (appunto 39): nessun altro azzurro, in assoluto, e’ mai riuscito neanche ad avvicinare il suo superlativo primato.
Edoardo Mangiarotti nacque a Renate Veduggio, vicino a Milano, il 7 aprile 1919. Figlio d’arte: tutti in famiglia hanno tirato di scherma. A partire dal padre Giuseppe, uno dei pionieri in Italia della spada, proseguendo con la madre Rosetta, seconda in un campionato italiano, per finire con i fratelli Dario e Mario (il primo con maggior fortuna dell’altro). Quella dei Mangiarotti e’ stata una vera e propria ‘dinastia’. Una tradizione che ha avuto il suo apice proprio con i trionfi di Edoardo: 19 medaglie d’oro tra olimpiadi e mondiali, l’atleta italiano con piu’ podi olimpici (13), al terzo posto mondo in questa speciale classifica. E la carrellata di trionfi avrebbe potuto essere anche piu’ lunga se non ci fosse stata la Seconda Guerra Mondiale.
Spada e fioretto le sue armi preferite. La storia sportiva del grande ‘Edo’ comincio’ prestissimo, a 11 anni. Il padre, intuendone le qualita’, da destrorso lo fece diventare mancino: una scelta che nel tempo si dimostrera’ vincente. Non aveva ancora 18 anni quando ai Giochi di Berlino del ’36 vinse la sua prima medaglia d’oro (spada a squadre). A 19 sali’ per la prima volta sul podio mondiale individuale conquistando l’argento sempre nella spada. Negli anni della sua ascesa piombo’ la guerra, ma Mangiarotti riprese dodici anni dopo a vincere come se niente fosse: a Londra fu bronzo olimpico individuale nella spada, argento a squadre sia nella spada sia nel fioretto. Nel ’52 Helsinki fu il teatro del suo primo oro olimpico individuale (nella spada), bissato dal concorso a squadre. En en plein tutto in famiglia, con il fratello Dario, simile a quello dei fratelli Nedo e Aldo Nadi ad Anversa 1920 nella sciabola. A Helsinki nel fioretto vinse due medaglia d’argento.
Nel ’56 a Melbourne sali’ di nuovo sul gradino piu’ alto del podio nelle gare a squadre di spada e fioretto, mentre nella spada individuale fu ancora bronzo. Poi ci fu Roma e l’addio alle pedane. Ma Mangiarotti non e’ stato solo un campione, ma e’ stato anche un cronista di razza: scrisse a lungo per la Gazzetta dello sport. Una passione per la parola, senza peli sulla lingua, che non lo ha mai abbandonato. Nel 2002, l’anno in cui il Cio gli assegno’ l’ordine olimpico, scrisse una lettera rivolgendo un coraggioso appello all’allora presidente del Consiglio Berlusconi lamentandosi, come presidente dell’Associazione delle medaglie d’oro al valore atletico, delle ingerenze della politica e per uno sport italiano sempre piu’ ‘mortificato’. Un tasto su cui continuo’ a battere anche in seguito, anche nel giorno del suo 90/o compleanno, tre anni fa, quando Milano e tutta l’Italia sportiva, presidente del Coni Petrucci in testa, lo festeggiarono come padre nobile dello sport azzurro.
Un campione che ha dominato alle Olimpiadi non poteva essere dimenticato in occasione dei Giochi di Londra: con il nome di Edoardo Mangiarotti e’ stata ribattezzata una fermata della ‘London overground’, quella di Haggerstone, nell’ambito dell’iniziativa di Transport for London, che ha dedicato le stazioni della Tube ai grandi dello sport.
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