On. Marco Fedi, elezioni sempre più vicine. Si torna anche a parlare della legge che regola il voto estero, approvati nuovi emendamenti. Lei come commenta?
L’emendamento originale, a prima firma Lupi (Gruppo Area Popolare), relegava gli italiani all’estero in una condizione di totale subalternità. Consentiva la candidatura di residenti in Italia, con il medesimo contrassegno, su tutte le ripartizioni limitando la candidatura dei residenti all’estero alla ripartizione di residenza. In sostanza “the world is not enough – il mondo non è abbastanza” per i residenti in Italia, mentre il mondo sarebbe diventato un cortile per i cittadini italiani residenti all’estero.
L’emendamento approvato, modificato in Commissione, almeno riporta tutti nel cortile. Nel senso che i cittadini italiani con residenza in Italia possono candidarsi all’estero ma solo in una ripartizione e non possono contestualmente candidarsi in Italia. Rimane la limitazione per i residenti all’estero a non potersi candidare in Italia, cosa che lascia perplessi se l’idea che ha sorretto questo emendamento era quella di riportare il sistema in perfetto equilibrio, dando un analogo peso a tutti i cittadini relativamente all’elettorato attivo e passivo.
In una condizione di ordinaria attività parlamentare non avrei votato questo emendamento.
Lo ritengo sbagliato nella forma e nella sostanza ma soprattutto un errore politico. La legge 459 del 2001 rispondeva ad una esigenza profondamente legata alla riforma costituzionale: garantire che la rappresentanza di 12 deputati e 6 senatori risultasse espressione delle nostre comunità. Oggi sicuramente tradiamo quello spirito.
Se ci troveremo davanti ad un testo blindato o addirittura ad un voto di fiducia, sarò costretto a votarlo. La legge elettorale è un passaggio fondamentale per il Paese in un momento di profonda e incerta transizione come questo: non possiamo dimenticarlo. Spero comunque non si debba far ricorso al voto di fiducia. Sono convinto, comunque, che anziché intervenire unicamente su un aspetto controverso, sarebbe stato meglio prendere la 459 del 2001 e modificarla davvero in profondità, inserendo, tra le altre cose, modalità di voto migliorative.
Sarebbe stato utile, insomma, fare una discussione vera su questi temi in direzione di una vera riforma dell’esercizio in loco del diritto di voto e non limitarsi ad una questione particolare, di prevalente interesse “metropolitano”.
E’ recente l’incontro alla Farnesina tra alcuni eletti all’estero e alcune sigle di patronato, si va verso un accordo MAECI – patronati, ma c’è chi storce il naso. Perché non potenziare la rete consolare anziché “cedere” servizi ai patronati? Quei patronati che troppo spesso poi risultano essere fabbriche di voti…
Potenziare la rete consolare è un obiettivo primario, direi assoluto. Non esiste alternativa tra un possibile accordo tra MAECI/Patronati e qualità della nostra rete diplomatico-consolare in termini di servizi al cittadino. La sfera dei diritti e delle tutele dei nostri connazionali cresce: non solo AIRE, passaporti, cittadinanza e visti ma sempre più atti notarili, accesso alle pubbliche amministrazioni, fiscalità generale, sicurezza sociale, riconoscimento delle qualifiche e titoli di studio, informazioni di ogni genere per i nuovi migranti. Ecco, davanti a questo volume di lavoro e temi, non solo è necessario fare squadra ma utilizzare al meglio le risorse.
Con i visti, ad esempio, la esternalizzazione del servizio è già un fatto. L’importante settore della sicurezza sociale è stato da tempo interamente lasciato ai Patronati. L’accordo deve individuare settori dove è possibile trovare sinergie, che possano aiutarci a migliorare la nostra presenza nel mondo.
Il favore con cui guardiamo all’eventuale definizione di una convenzione tra MAECI e Patronati non ci indurrà a rinunciare a fare il nostro dovere per aumentare il contingente del personale a contratto e di ruolo. A chiedere di potenziare sedi che sono al collasso. A lavorare in direzione del superamento di qualsiasi discriminazione, salariale o contributiva, nei confronti del personale a contratto.
Sul tema della fabbrica di voti credo si possa tranquillizzare tutti. Non solo i Patronati hanno giustamente evitato qualsiasi coinvolgimento diretto e indiretto in campagne elettorali di partito o nell’attività parlamentare di questo o altro eletto, ma hanno anche condotto le loro battaglie sindacali e patronali in piena autonomia, com’è opportuno fare. Non riconoscerlo sarebbe ingiusto. La domanda piuttosto è: come valorizzare in modo ragionato questa nostra importante presenza nel mondo? Prima di fasciarci la testa, vediamo i contenuti di un possibile accordo quadro e poi esprimiamoci, ma su di esso, non sui timori. La critica preventiva non mi pare utile.
Caso Caruso, la sua opinione?
Da tempo sostengo che il personale che lavora per i parlamentari dovrebbe essere assunto direttamente da Camera e Senato, su indicazione di deputati e senatori. Come fanno tanti altri Parlamenti di Paesi che sono nostri partner internazionali. Questa soluzione eviterebbe tante inutili polemiche anche sulle indennità e sull’uso che di queste fanno i singoli parlamentari. Nulla giustifica però abusi ed irregolarità. Mi chiedo se non sarebbe risultato più utile sostituire l’iniziativa mediatica con la denuncia, sia alla magistratura che alla Presidenza della Camera, favorendo anche una più equilibrata presa d’atto delle circostanze. Questa considerazione, comunque, non può esimere il collega Caruso dal fornire risposte precise ed esaurienti. In ogni caso, credo sia sbagliato prendersela con i mezzi d’informazione e auspico che su tutto si possa fare chiarezza tutelando i diritti di ciascuno, soprattutto di chi è in una oggettiva condizione di debolezza e precarietà. Nei rapporti di lavoro come in quelli di genere – vale la pena ricordarlo – chi detiene il potere decisionale ha sempre maggiori responsabilità e deve esercitarle nel pieno rispetto delle leggi e dei regolamenti.
La Giornata degli italiani nel mondo: perché?
“La Giornata nazionale degli italiani nel mondo intende rappresentare, divulgare e valorizzare le esperienze, le attività e il contributo sociale apportato dai cittadini italiani all’estero nel campo della cultura e della lingua italiane, della ricerca scientifica, delle attività imprenditoriali e professionali e della solidarietà internazionale: un’esperienza feconda e un impegno comune per l’integrazione”. È scritto nella relazione alla proposta di legge della collega La Marca, sottoscritta da un elevatissimo numero di parlamentari di tutti gruppi parlamentari.
Non abbiamo mai inteso sostituire altre ricorrenze, come la Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo, stabilita con Direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 1 dicembre 2001: si tratta di due ricorrenze diverse, riconducibili a due momenti significativi della nostra storia, entrambi importanti. Nulla ma proprio nulla si intende sottrarre alla ricorrenza dell’8 agosto che parte da Marcinelle ed arriva ai nostri giorni con i nuovi e vecchi sacrifici, con le storie di sofferenza e di orgoglio.
Abbiamo poi proposto una data diversa dal 12 ottobre. Per due ragioni. Il 12 ottobre è legato già ad una ricorrenza del nostro calendario, la Giornata nazionale di Cristoforo Colombo, anch’essa stabilita con Direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 20 febbraio 2004. Non solo, il 12 ottobre è anche una data importante e significativa per la comunità italo-americana, legata profondamente anche alla storia degli italiani d’America ed al riconoscimento che a quella comunità si è voluto dare. Così come sono assolutamente certo della necessità di tenerci ben distanti dalle polemiche generate da una discussione, a mio avviso sbagliata, sulla data migliore per svolgere iniziative a sostegno della italicità nel mondo. Il 31 gennaio sarà una data che offrirà ulteriori opportunità per parlare di noi: non intende cancellare altri momenti come non intende sostituirsi ad altre date e manifestazioni. Poi dipende da noi riempire queste date di contenuti.
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