Che accadrebbe se venisse scelto per guidare la giustizia italiana un pluriomicida reo confesso, un ex 007 accusato di essere il boss di una gang criminale? Nel paradiso del socialismo del XXI secolo chiamato Venezuela l’altro ieri è stato nominato all’unanimità presidente del Tribunale Supremo di Giustizia – che riunisce i poteri delle nostre Corti Costituzionale e di Cassazione – Maikel José Moreno Pérez, che nel suo curriculum vitae possiede tutto quanto sopra detto.
Il nome non vi dirà nulla ma dovrebbe visto che el señor Moreno ha presentato alle nostre autorità domanda per diventare cittadino italiano, nonostante abbia una fedina penale con due omicidi. Ergo, come denunciato dal deputato perseguitato politico Lester Toledo «abbiamo già chiesto con forza alle autorità italiane di negargli la nazionalità perché qualsiasi Stato chiede come prerequisito una fedina penale pulita».
Moreno comincia a uccidere nel 1987. Ha 22 anni quando ammazza una giovane in quel di Ciudad Bolivar, capitale dell’omonima regione, nel Sud del Venezuela. Essendo uno 007 «molto corrotto» e «molto sveglio», esce subito e diventa addirittura guardia del corpo dell’allora presidente del Venezuela Carlos Andrés Pérez. Peccato solo che nel 1989 il vizio del grilletto facile s’impossessa di nuovo di lui e a farne le spese – nel centro di Caracas – è il giovane Rubén Gil Márquez, ucciso in una sparatoria. Anche qui, dopo neanche un anno, il «nostro» è di nuovo fuori ma è costretto a lasciare i servizi segreti e inizia a studiare da avvocato.
La sua seconda carriera esplode l’11 aprile del 2002, quando un nugolo di chavisti capitolini spara sui manifestanti d’opposizione da ponte Llaguno. Rientrato quel ridicolo golpe delle 36 ore contro Chávez, è proprio Moreno che prima assume le difese dei pistoleros, riuscendo naturalmente a farli assolvere. Anche perché, nel frattempo, il regime lo aveva nominato giudice dell’intero processo sui morti del golpe e i primi prigionieri politici del Venezuela nascono proprio lì, col giudice Moreno decisivo nell’arresto del criminalista Iván Simonovis, innocente da allora detenuto senza prove.
È denunciato come membro della Banda dei Nani, gang di magistrati che copriva la corruzione chavista, e Chávez lo premia e nel 2007 lo manda a Roma: addetto commerciale all’ambasciata del Venezuela. Moreno s’arricchisce molto ma è con Maduro che la sua carriera da magistrato vola. Anche perché è sempre lui a condannare in via definitiva e senza prove Leopoldo López a 14 anni di carcere, trasformandolo nel Mandela venezuelano. Fame, violenza e degrado. I venezuelani avevano già molti problemi e davvero non avevano bisogno di quest’ennesima umiliazione. (Paolo Manzo, il Giornale)
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