Con un’operazione gattopardesca, riapre oggi, 1° febbraio, l’Ambasciata italiana a Santo Domingo. Tutto, nella pratica, resta come ieri, 31 gennaio, tranne il cambio di funzioni del “Capo della Sezione staccata di Panama”, che da oggi diviene “Incaricato d’Affari” senza lettere credenziali, senza cioè le “credenziali” attraverso le quali il Presidente della Repubblica italiana dovrebbe presentare il nuovo ambasciatore al Capo dello Stato Dominicano. Già, perché il nuovo Ambasciatore, al momento, non esiste.
Secondo indiscrezioni raccolte nei corridoi della Farnesina, sarebbe stato tuttavia designato il funzionario destinato al futuro incarico di Ambasciatore, il quale dovrà ricevere il “gradimento” del Governo dominicano prima di poter prendere possesso dell’incarico a Santo Domingo, non prima del prossimo mese di settembre, se tutto va bene.
SANTO DOMINGO, DALL’AMBASCIATA CHE NON C’E’ A UNA AMBASCIATA A META’
Si tratta di un diplomatico che svolge attualmente le funzioni di console in una sede nord-americana: soluzione, comunque, di secondo piano e di basso profilo, con riferimento non al valore della persona, riconosciuto come funzionario preparato e attento, quanto alla scelta – se tale decisione dovesse essere confermata – di nominare un semplice consigliere, anziché un Ministro plenipotenziario come in passato.
Una grande vittoria, in ogni caso, del Governo di Danilo Medina e dell’Ambasciatrice dominicana a Roma, Peggy Cabral, che, attraverso il supporto di Casa de Italia, del Senato dominicano e di alcuni parlamentari italiani (il Senatore Vincenzo Cuomo in primo luogo e successivamente di Ricardo Merlo e Fucsia Fitzgerald) hanno ottenuto dall’impegno delle istituzioni politiche italiane ciò che i vertici della burocrazia ministeriale si ostinavano caparbiamente a negare, il pieno ripristino, cioè, delle relazioni bilaterali attraverso la riattivazione di una giurisdizione diplomatica con sede in Santo Domingo e non dipendente da altro contesto, ritenuto dai dominicani totalmente avulso dalla propria identità, oltre che logisticamente improponibile.
La riapertura dell’Ambasciata avviene, però, in una forma estremamente dimessa ed in condizioni logistiche disastrose. Le attrezzature furono alienate, al momento della chiusura, verso le sedi di Panama e dell’Avana e la struttura appare oggi in condizioni fatiscenti, al limite dell’agibilità, perché nulla è stato fatto, per la manutenzione, in questi anni di chiusura.
Altrettanto dicasi per la Residenza del Capo Missione, che, oltre ad essere stata abbandonata a se stessa, non possiede più neanche le cosiddette “dotazioni”, argenteria, vasellame, cristalleria, porcellane, biancheria e vettovaglie, indispensabili per una minima attività di rappresentanza. Anch’esse alienate, per andare ad integrare, senza che ve ne fosse bisogno, quelle già in uso presso le residenze cubana e panamense.
L’Ambasciata riapre oggi con due addetti, il cui numero dovrebbe aumentare a cinque entro la prossima estate. Erano 22 nel 2014. Gli italiani ufficialmente residenti in Repubblica dominicana sono diecimila ed altri 30/40mila vi soggiornano stabilmente senza essere iscritti. 100mila i turisti italiani che ogni anno giungono sull’isola generando un milione di giornate annuali di presenza. Con questi numeri, è inevitabile che i servizi consolari continueranno a rimanere a Panama, creando una inedita ed incredibile sdoppiatura tra la giurisdizione diplomatica e quella consolare.
“Organizzazione logistica da terzo mondo”, ha commentato un ex diplomatico di carriera della Farnesina.
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