Attesissima al Teatro Nazionale di Belgrado la Première di domani de La forza del destino di Verdi in versione italian style sotto la magistrale regia di Alberto Paloscia. Un nome che è sinonimo di garanzia di un lavoro fatto ad hoc. Colonna portante del Teatro Goldoni di Livorno, senza contare le fortunate regie in Corea ed in Turchia e la prossima Master Class a Shanghai in Cina, oltre a quelle già tenute con grande successo in Italia, Germania e Spagna.
Nell’intervista a seguire, Paloscia, direttamente da Belgrado, spiega a ItaliaChiamaItalia la ”sua” Forza del destino, racconta come si snocciola una regia, il suo grande successo ottenuto a Pinerolo con La Traviata di Verdi e molto altro con la grande cultura e modestia, ingredienti che lo contraddistinguono.
Domani la Première de “La Forza del destino” di Verdi al Teatro Nazionale di Belgrado. Come sarà quest’opera sotto la sua regia?
Si tratterà di una libera ricostruzione di uno storico allestimento del “Maggio Musicale Fiorentino” del 1953. Una produzione, che allora destò entusiasmo, ma anche reazioni più contrastanti, nella linea dello sperimentalismo visivo che fu uno dei tratti caratterizzanti del prestigioso festival fiorentino: la prima rassegna italiana, che fin dagli anni ’30 del secolo scorso, fece debuttare nella regia d’opera grandi nomi provenienti dal teatro e dal cinema; e nella scenografia i più grandi pittori “di cavalletto”. Al maggio Fiorentino esordirono nella veste di scenografi e costumisti, artisti del calibro di De Chirico, Casorati e Soffici. In questa Forza del 1953 debuttò come regista d’opera il grande cineasta Tedesco, George Wilhem Pabst, grande genio del cinema espressionista, che per l’occasione fu coadiuvato per la parte scenografica da Franco Lolli, suo abituale collaboratore in molti film. La nostra proposta qui a Belgrado cercherà di ricreare, con molta libertà, le atmosfere pittoriche, cinematografiche ed espressioniste della produzione di Pabst e Lolli. L’ambientazione dell’opera fu pienamente rispettata dal regista, seguendo le indicazioni del libretto; l’unica eccezione fu la scena dell’accampamento del terzo atto ambientata nel periodo della seconda guerra mondiale, tra carri armati e tende di infermeria. Tale scena fu contestata dai grandi cantanti che presero parte a tale produzione (Tebaldi, Del Monaco, Protti, Barbieri, Siepi, Capecchi: veramente il meglio del gota canoro di allora). Proprio questa scena, che a Firenze fu totalmente modificata, vedrà la luce per la prima volta proprio qui a Belgrado.
Un commento su quest’opera?
Potremmo definire La forza del destino un grande romanzo storico e popolare, oppure un’epopea cinematografica stile “Guerra e pace”. In quest’opera così complessa e dispersiva si passa continuamente da ambienti aristocratici a squarci popolari e ad atmosfere religiose: un grande spaccato di umanità che aldilà dell’intrigo romanzesco che caratterizza la vicenda ci rivela la modernità e la genialità di Verdi musicista e drammaturgo; un Verdi indagatore dell’animo umano, al pari di W.Shakespeare e B. Brecht.
Cosa si aspetta dal popolo serbo per la Première?
La Serbia ha una grande tradizione nell’opera lirica e il suo pubblico ama particolarmente il melodramma, soprattutto quello italiano. Penso che questa “Forza” sia molto attesa e spero venga apprezzata per il segno fortemente italiano dell’impostazione registica e scenografica. Punterò sulla passionalità e sulla carnalità della recitazione e sulle suggestioni pittoriche dell’allestimento. Mi fa piacere che gli eccellenti laboratori di scenografia del Teatro Nazionale di Belgrado, nella loro accurata ricostruzione dell’allestimento, abbiano saputo restituire alla perfezione, il fascino della pittura scenografica Italian style.
Racconti brevemente il successo appena avuto a Pinerolo
Sono particolarmente grato ad Angelica Frassetto, Presidente e Responsabile dell’“Impresa lirica Francesco Tamagno” di Torino, per aver creduto sempre in me come regista. “La traviata” di Pinerolo che è il mio quinto approccio registico con quest’opera, affrontata già a Seoul con una grande protagonista come Mariella D’Elia, è il coronamento di questo splendido sodalizio con l’impresa “Tamagno” con cui ho già collaborato nelle stagioni passate, con ben due produzioni di “Il Barbiere di Siviglia” e una “Boheme” realizzata proprio a Pinerolo. Questa mia ultima produzione di Traviata ha portato a maturazione la mia visione registica del capolavoro Verdiano e mi ha molto gratificato particolarmente per l’ottimo risultato raggiunto da un gruppo di giovani cantanti nel quale hanno spiccato i tre protagonisti, Valentina Iannone (Violetta), Giuseppe Raimondo (Alfredo), Nicola Ziccardi (Giorgio Germont), tutti provenienti dall’opera studio dal Teatro Goldoni di Livorno che io dirigo da ben ventisei anni.
Sia a Pinerolo che a Belgrado ha avuto ed ha come collaboratore Matteo Anselmi che sembra essere ammaliato dal mondo della lirica. Un commento su Matteo?
La mia collaborazione con Matteo è stata uno dei momenti più felici di questa produzione di Pinerolo. Ho instaurato con lui un bel sodalizio, che mi ha spinto a riconfermarlo a Belgrado e per altri miei futuri progetti registici. È un bravo attore che ama la lirica e per me questo è molto importante, perché il suo lavoro costituisce un supporto prezioso per ripulire la recitazione degli artisti e il contributo scenico del coro.
Ci saranno altri progetti insieme?
Il più sicuro e imminente è un nuovo “Macbeth” Verdiano, in Liguria nel prestigioso “Teatro civico” di La Spezia. Bollono in pentola altri progetti estivi in Abruzzo e in Veneto.
Quali novità al Teatro Goldoni di Livorno?
Il Teatro Goldoni di Livorno da circa un anno è un’autentica fucina di idee e di progetti, grazie all’arrivo del mio nuovo direttore generale, attore e regista Marco Leone. Marco crede molto nel teatro come laboratorio, ha sostenuto la mia idea di fare di Livorno, città natale di Pietro Mascagni, un punto di riferimento per la produzione delle opere del musicista Livornese e dei coevi operisti della scuola verista. Tra i fiori all’occhiello dell’attuale stagione, la nascita di un nuovo progetto di alta formazione denominato Verismo Opera Studio, siglato da una docente di grande prestigio quale il noto soprano friulano Fiorenza Cedolins, una nuova produzione di “Flauto Magico” di Mozart, firmata dal grande uomo di teatro britannico Lindsay Kemp, artista totale e un imminente nuova produzione di “Manon Lescaut” di Puccini affidata ad un giovane e talentuoso regista italiano, il romano Lev Pugliese, che punterà su una rilettura in chiave onirica e virtuale della splendida partitura Pucciniana che ebbe la luce a Torino nel 1893.
Quali sono i sogni nel cassetto, professionalmente parlando?
Tra le mie aspirazioni come regista d’opera, tre titoli che naturalmente non ho mai affrontato, “Adriana Lecovreur” di Cilea, un titolo che amo particolarmente e che ho avuto la possibilità di vedere in teatro con una delle più grandi interpreti novecentesche del ruolo, Raina Kapaivanska e in anni più recenti con un’altra straordinaria cantante-attrice, Fiorenza Cedolins, la cui grande carriera ha preso il volo proprio da Livorno. Un altro mio sogno nel cassetto è dirigere un grande teatro all’estero, in Germania o in un paese dell’est europeo. Perché credo molto nella formula del teatro d’opera di repertorio, aperto quasi tutte le sere come servizio culturale nei confronti della città: formula che potrebbe essere un toccasana per la grave crisi che sta attraversando il teatro d’opera e lo spettacolo in generale.
Se dovesse spiegare in poche parole a chi è profano come si snocciola la regia di un’opera cosa racconterebbe?
A mio avviso, il lavoro di un regista d’opera è essenzialmente quello di raccontare nel modo più moderno e avvincente il plot spesso inverosimile e complicato del melodramma, lavorando sulla psicologia dei personaggi e soprattutto sulla drammaturgia. Poiché l’opera pur essendo fatta di musica è soprattutto teatro.
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