On. Fabio Porta, deputato eletto nella ripartizione estera Sud America e residente in Brasile. Siamo agli inizi di un nuovo anno. Prima di guardare al futuro, come si è chiuso il 2016 per gli italiani all’estero secondo lei?
Dopo il lungo periodo dei tagli e dei continui rinvii (mi riferisco al rinnovo degli organismi di rappresentanza), negli ultimi anni abbiamo assistito ad una oggettiva inversione di tendenza nel rapporto tra governo e italiani all’estero. Il 2016 si è concluso con la migliore finanziaria degli ultimi anni; da quando sono entrato in Parlamento, nel 2008, è la migliore “legge di bilancio” per le nostre collettività nel mondo: più soldi alla promozione della lingua e cultura, più risorse per il miglioramento dei servizi consolari e lo smaltimento delle lunghissime attese, attenzione concreta all’informazione e alle Camere di Commercio italiane all’estero. Si tratta di fatti, anzi di risorse cospicue che hanno riportato il segno “più” davanti a tutti i capitoli che ci riguardano.
Quali sono state le iniziative che lei ha portato avanti nella sua ripartizione elettorale, in Sud America, sul territorio?
Il 2016 è stato per me un anno di grande presenza sul territorio: sono stato più volte in Argentina, Brasile, Uruguay e Venezuela, i Paesi dove vivono le nostre più grandi collettività con le quali ho un rapporto permanente di attenzione e presenza; mi sono recato anche in Cile e Perù, comunità italiane quantitativamente minori ma altrettanto vive e significative dal punto di vista sociale e culturale.
Sono stato particolarmente orgoglioso per aver rappresentato la Camera dei Deputati e la sua Presidente alla celebrazione del 2 giugno in Uruguay, per la prima volta organizzata in nostro onore dal Parlamento; ma anche orgoglioso di avere accompagnato il Presidente del Consiglio Renzi nei suoi viaggi in Argentina, Brasile, Cile e Perù: erano anni che un capo di governo non visitava tanti Paesi sudamericani; visite che hanno sempre visto la collettività italiana al centro dell’agenda istituzionale.
A livello parlamentare?
Ho lavorato moltissimo, in quantità e qualità; so che questo è un giudizio che spetta ai miei elettori, ma voglio ricordare con un pizzico di soddisfazione (anche come eletto all’estero) di essere risultato il quarto parlamentare in assoluto nella classifica della produttività. Si tratta di un indice elaborato da una seria organizzazione indipendente, “Openpolis”, che da anni esegue un monitoraggio sul lavoro dei parlamentari.
Il successo parlamentare più grande, per me, è stato senz’altro quello di essere riuscito a destinare parte dei 300 euro per le domande di cittadinanza al miglioramento dei servizi consolari e alla eliminazione dei lunghi tempi di attesa; il mio emendamento, approvato in commissione esteri, è stato fatto proprio dal governo. Una vera e propria ‘rivoluzione’: per la prima volta gli italiani nel mondo sono considerati come un fattore risolutivo dei servizi consolari, e non più come un elemento di appesantimento del lavoro dei consolati.
Grande vittoria del Sì in Sud America al referendum. In Brasile, dove lei è residente, i Sì hanno vinto con un risultato che va oltre l’80%. Come si spiega questo successo? Qual è stato il lavoro svolto?
Sono diversi i fattori che hanno contribuito a questo successo, e non voglio prendermi certo tutti i meriti. In generale una visione più oggettiva e distaccata che in tutto il mondo ha portato alla vittoria dei SI; in Brasile, poi, i “Comitati per il SI” hanno iniziato già a maggio scorso a lavorare (da Brasilia a Porto Alegre, da San Paolo a Rio de Janeiro) e hanno svolto un grande lavoro di coscientizzazione; infine le presenze istituzionali, da Renzi alla Ministra Boschi, hanno fatto percepire l’importanza e il dinamismo di un processo riformatore che il governo stava conducendo e che meritava di essere premiato.
L’ultima volta che ci siamo sentiti lei ci ha confermato che intende ricandidarsi. Alle ultime elezioni politiche, nel 2013, ottenne 30mila preferenze, piazzandosi così al secondo posto tra gli eletti in America Meridionale per numero di voti presi. Immagino voglia ripartire da lì…
Per l’appunto; dal 2008 al 2013 ho praticamente raddoppiato le preferenze, e reputo questo un consenso al mio impegno ed un invito a continuare il lavoro di rappresentanza ma anche di risposta alle sollecitazioni che provengono dalle collettività italiane che vivono in Sudamerica. Con un terzo mandato parlamentare vorrei portare a compimento i successi di questi anni, magari arricchendoli dei risultati che ancora mancano all’appello. Sempre se sarò sostenuto dal mio partito e dal consenso dei miei elettori; ho sempre mantenuto questi riferimenti nel corso di questi anni e sono certo che mi sosterranno entrambi. Un grande partito di governo, come il PD, e una grande comunità, quella degli italiani nel mondo: due grandi ‘leve’ che mi consentiranno di continuare a lavorare per il bene dell’Italia e degli italiani.
In Venezuela la crisi è sempre più grave. Eppure il governo italiano si gira dall’altra parte, questa almeno è l’impressione. Si parla di Venezuela in Parlamento e l’opposizione irresponsabile la butta in polemica. Fino a quando, On. Porta, il popolo venezuelano e i tanti italovenezuelani che vivono nel Paese sudamericano resteranno inascoltati?
Il Venezuela vive la crisi più grave della sua storia; in quel Paese vive una delle più belle e grandi comunità di italiani nel mondo. Sono amico di questa collettività e di questo Paese. Oggi, anche grazie al lavoro dei Comitati che in Parlamento rappresentano gli italiani nel mondo e di noi parlamentari eletti all’estero, si parla di Venezuela e dei nostri connazionali che vivono in quel Paese. Devo anche riconoscere al Partito Democratico, e in particolare al suo dipartimento italiani nel mondo, di non aver mai dimenticato i venezuelani in Italia e gli italiani in Venezuela. Proprio in questi giorni alla Camera e al Senato stiamo approvando risoluzioni che impegnano il nostro governo a intensificare a tutti i livelli i suoi sforzi per aiutare i nostri concittadini che vivono in Venezuela, affrontare la grave emergenza umanitaria e superare la crisi politico-istituzionale, sostenendo sì il dialogo tra le parti ma anche chiedendo a gran voce la libertà di tutti i detenuti politici.
Prossime iniziative per mantenere alta l’attenzione sulla crisi in Venezuela?
Dopo le risoluzioni parlamentari continueremo a tenere alta l’attenzione e la tensione; insisterò, come Presidente del gruppo di amicizia parlamentare Italia-Venezuela, per rendere possibile un incontro nei prossimi mesi tra i rappresentanti delle due delegazioni parlamentari. Mi sono già attivato sulla questione del pagamento delle pensioni venezuelane in Italia; dopo aver risolto il problema del pagamento delle pensioni Inps ai nostri connazionali vorrei dare una mano anche a questa gravissima emergenza. Quindi continuerò a lavorare per favorire tutti gli sforzi umanitari, a partire dalla spedizione di medicinali; infine i servizi consolari: chiederemo risorse umane ed economiche, e anche tutte le garanzie di sicurezza per l’incolumità di chi lavora presso Consolato e Ambasciata.
I soliti bene informati dicono che Renata Bueno cerchi di candidarsi col Pd… Lei ne sa qualcosa?
L’On. Bueno è stata eletta con l’USEI; è il rappresentante in Parlamento di questo gruppo e non mi risulta che abbia cambiato partito.
Negli ultimi anni sono state chiuse decine di sedi diplomatiche. Era proprio necessaria questa “razionalizzazione”? Ha lasciato enormi cicatrici alle nostre comunità…
Mi sono battuto contro la chiusura dei consolati e, almeno in Sudamerica, siamo riusciti ad evitare queste chiusure. In Centro America era stata chiusa l’Ambasciata di Santo Domingo, una scelta sbagliata, obbligata a suo tempo da ragioni diverse da quelle della “razionalizzazione”. Sono stato tra coloro che hanno richiesto la riapertura e sono lieto che il governo, anche per venire incontro alle giuste rivendicazioni dei nostri connazionali, sia tornato sui suoi passi decidendo di riaprire l’Ambasciata.
2017, cosa devono aspettarsi gli italiani nel mondo da questo governo?
Siamo nell’ultimo anno di legislatura, e non sappiamo ancora quanti mesi abbiamo davanti a noi. Come italiani nel mondo dobbiamo lavorare nel 2017 per consolidare quanto conquistato con la legge di bilancio approvata a dicembre scorso. Dovremmo concentrarci sull’applicazione dei decreti della riforma della scuola per quanto concerne l’insegnamento della lingua italiana all’estero, tutelando gli enti gestori e rafforzando il coordinamento tra tutti i soggetti preposti a vario titolo all’importantissimo compito di diffondere la nostra lingua nel mondo. Lavorare anche per un’applicazione dei decreti sulla nuova legge sull’editoria, con un occhio particolare all’importantissimo ruolo dell’informazione italiana nel mondo. Infine Comites e Cgie: vanno garantite risorse certe per il loro funzionamento e occorrerà lavorare, sulla base delle loro proposte e coinvolgendo i Comitati di Camera e Senato, per una nuova legge che ne ridefinisca ruolo e struttura.
Lei su cosa lavorerà in questi primi mesi del nuovo anno?
In questi giorni mi sto occupando di Venezuela e sto lavorando con i miei colleghi sui decreti attuativi della “buona scuola”. Ma lo sforzo maggiore dei prossimi mesi sarà concentrato sicuramente sull’applicazione della norma che destinerà 4 milioni di euro ai consolati del Sudamerica, quelli che maggiormente hanno incassato grazie ai 300 euro per le domande di cittadinanza. Queste risorse, come abbiamo scritto nella legge, dovranno essere destinate al miglioramento dei servizi consolari e alla contrattazione di nuovo personale: solo così si potrà finalmente eliminare quell’assurda “fila della cittadinanza” che a volte (come nel caso del Brasile) superava i dieci anni di attesa per il riconoscimento di un diritto costituzionale.
Imu italiani nel mondo, lo risolviamo questo problema?
E’ una questione più complessa, sulla quale i miei colleghi – soprattutto quelli eletti in Europa – stanno lavorando da tempo per individuare una soluzione; abbiamo già eliminato l’IMU per i pensionati residenti all’estero e credo possibile fare qualcosa anche per i nostri lavoratori emigrati. Spesso si tratta di abitazioni in piccoli centri del centro-sud Italia; diminuire la tassazione favorirebbe la riqualificazione ed eviterebbe lo spopolamento di questi piccoli centri urbani.
Recentemente è scomparso il sen. Edoardo Pollastri, era un suo caro amico. Rappresentava certamente un punto di riferimento per molti, italiani e non, in Sud America e a Roma. Cosa le ha lasciato, nel cuore, l’amico Edoardo?
Tantissime emozioni, piccole e grandi; mille ricordi e un grande insegnamento, morale prima che politico. Sono orgoglioso di avere contribuito, nel 2006, alla sua elezione a Senatore della Repubblica; un mandato che ha onorato in maniera impeccabile e che ancora oggi tutti ricordano con grande ammirazione. Senza i “brogli” del 2008 Pollastri sarebbe stato ancora senatore; se ho un rimpianto è proprio quello di non avere avuto la possibilità, nella scorsa legislatura, di condividere con lui questa esperienza in Parlamento. Nel cuore mi rimangono il suo sorriso, la sua serenità, la sua disponibilità ed il suo entusiasmo “giovanile”. Soprattutto la caparbietà con la quale ha continuato fino all’ultimo a rivendicare la potenzialità mai valorizzata appieno dalle istituzioni italiane degli “italici”, dei quali lui è stato all’estero forse il più nobile rappresentante.
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