È di questi giorni la notizia, riportata dai maggiori quotidiani italiani, che sono allo studio (non si capisce bene da parte di chi) misure per ridurre la parte “assistenziale” del trattamento pensionistico riconosciuto ai nostri connazionali residenti all’estero.
Ad annunciare “lo studio”, secondo alcuni mass media italiani, sarebbe stato il Presidente del Comitato per gli italiani all’estero del Senato, Claudio Micheloni, durante ed in seguito all’Audizione del Presidente dell’Inps Tito Boeri recentemente tenutasi presso il Comitato. Praticamente si tratta di un inaspettato “assist” da parte del Senatore PD all’intenzione del Presidente dell’Inps – più volte annunciata e perorata – di rivedere (razionalizzare, ridurre, eliminare?) il sistema di pagamento all’estero delle prestazioni italiane cosiddette “non contributive”, definite anche “assistenziali”, come il Trattamento minimo, le maggiorazioni sociali e la somma aggiuntiva (14ma).
Il motivo addotto dal tandem Boeri-Micheloni è che la soppressione dell’esportabilità di tali prestazioni comporterebbe risparmi per lo Stato italiano di varie decine di milioni di euro, ed in alcuni casi (ma quali? si cita solitamente i pensionati italiani residenti in Germania) non penalizzerebbe i nostri pensionati ai quali sarebbe presumibilmente (ma ne abbiamo la certezza?) sostituita la prestazione “assistenziale” italiana da quella analoga (sempre che prevista) del Paese di residenza.
Non si tratta di una cosa semplice da realizzare sia dal punto di vista tecnico-giuridico che dal punto di vista “politico”. È comunque singolare che mentre si dibatte l’abolizione di quelli che gli italiani considerano veri privilegi previdenziali di cui sono detentrici varie categorie di pensionati, si possa pensare di sottrarre poche decine di euro a decine di migliaia di pensionati italiani, spesso indigenti, residenti all’estero. È pur vero, come affermato dal tandem Boeri-Micheloni, che la riduzione delle prestazioni assistenziali potrebbe essere limitata a quei Paesi dotati di un sistema di tutele sociali che comunque potrebbero teoricamente garantire l’assistenza sociale ai nostri pensionati. Ma l’individuazione di tali Paesi non sarebbe così semplice, non ci sarebbe l’assoluta garanzia di una compensazione, non avremmo la certezza che il sistema di “geometria variabile” non si scontri con i diritti garantiti dai Regolamenti comunitari di sicurezza sociale e dalle Convenzioni bilaterali in tema di parità di trattamento, assimilazione dei territori ed esportabilità di determinate prestazioni, ed infine non potremmo escludere che l’introduzione per alcuni Paesi (come la Germania) di eventuali criteri di inesportabilità sia poi inesorabilmente estesa a tutti i Paesi di emigrazione, compresa l’America Latina.
Giova comunque ricordare che l’intenzione annunciata dal tandem Boeri-Micheloni, per l’Europa si limiterebbe alla somma aggiuntiva (detta anche 14ma), perché Trattamento minimo e maggiorazioni sociali sono già stati resi inesportabili dai Regolamenti comunitari di sicurezza sociale poiché inseriti in uno specifico Allegato dei Regolamenti che prevede l’inesportabilità delle prestazioni speciali in denaro a carattere non contributivo, tra le quali – per l’Italia – le pensioni sociali; le pensioni, gli assegni e le indennità ai mutilati ed invalidi civili; le pensioni e le indennità ai sordomuti; le pensioni e le indennità ai ciechi civili; l’integrazione della pensione minima; l’integrazione dell’assegno di invalidità; l’assegno sociale; la maggiorazione sociale.
Per rendere inesportabile la 14ma, quindi, non basterebbe probabilmente (materia per tecnici) una norma inserita nella legge di bilancio per il 2018, come ipotizzato dal tandem Boeri-Micheloni, ma bisognerebbe modificare i Regolamenti comunitari di sicurezza sociale. Cosa non semplicissima perché sarebbe necessario, tra l’altro, dimostrare che la 14ma è una prestazione non contributiva finanziata attraverso le entrate fiscali destinate alla spesa pubblica generale e non è direttamente correlata ad un contributo dei beneficiari (vedere Circolare Inps n. 10 del 31 gennaio 2006).
Non dimentichiamo che è proprio la legge istitutiva della 14ma, intitolata “Interventi in materia pensionistica” – e non in materia assistenziale – (Decreto legge 2 luglio 2007, n. 81, convertito con modificazioni dalla Legge 3 agosto 2007, n.127 articolo 5), che stabilisce che la somma aggiuntiva è corrisposta in funzione dell’anzianità contributiva complessiva, e potrebbe essere questo il collegamento alla contribuzione che escluderebbe la possibilità di inserire la 14ma nell’Allegato II bis dei Regolamenti comunitari tra le prestazioni non contributive non esportabili.
Insomma, verrebbe la voglia di chiedere a Boeri il perché di questo inutile accanimento – anche mediatico e perciò allarmante (visto che solo il 39% delle 14me viene erogato nella UE e quindi, se si limitasse l’inesportabilità all’Europa, si risparmierebbe poco più di 10 milioni di euro) – a meno che Boeri in realtà non voglia anche cancellare definitivamente l’esportabilità di TM e maggiorazioni sociali nei Paesi extraeuropei, e a Micheloni, “ma non sarebbe meglio approfondire la questione prima di allarmare tanti nostri pensionati emigrati, compresi quelli che non vivono in Europa i quali senza le prestazioni assistenziali, in questa congiuntura storica, economica e politica, verrebbero privati di un reddito fondamentale di sostentamento?”.
I deputati Marco Fedi e Fabio Porta
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