“Penso di essere, fra i tre candidati, quello più in grado di unire le diverse culture e anime del Pd nello spirito originario del progetto. E penso anche di essere quello in grado di rafforzare l’attenzione al sociale del nostro partito, elemento essenziale in una società segnata da profonde diseguaglianze con un rischio reale della tenuta democratica. Sono entrambe condizioni per vincere”. Lo afferma il ministro Andrea Orlando in una intervista a Repubblica.
“Io mi sono battuto perché questo dolorosissimo strappo non si consumasse. Sbaglia chi se ne va. La sinistra riformista non può far vivere le sue ragioni fuori da un grande soggetto pluralista e popolare” e “di qui nasce la mia decisione di far vivere una candidatura non divisiva”, “voglio inaugurare un metodo che seguirò per tutta la campagna: il confronto e l’ascolto. Su reddito e cittadinanza sto mettendo a punto una proposta che guarda con attenzione alla piattaforma dell’alleanza contro la povertà. Naturalmente dirò anche come ci si può arrivare, con quali coperture e quali passaggi. Prima di licenziarla, però, devo condividerla. Niente decisioni dall’alto”.
Sostiene poi che dopo il referendum “Renzi non ha riflettuto abbastanza. Il No stravince nelle periferie, nelle aree marginali e interne, nelle nuove generazioni, in tutte quelle parti della società penalizzate dalla globalizzazione. Da qui si riparte se si vuole ricostruire”. Di Emiliano inoltre dice: “Si conferma candidato dai forti accenti populisti. Mi preoccupa il fatto che abbia chiamato ai gazebo chiunque sia contro Renzi. Non mi pare un progetto per il futuro. Quanto alla proposta cubana, se ho capito bene, farebbe sì che l’eventuale elezione di Marchionne produrrebbe dissesto nel bilancio della Camera e determinerebbe la sostanziale ineleggibilità di un operaio o di un disoccupato. Non proprio un passo avanti per portare la politica tra il popolo”.
Discussione su questo articolo