Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme, prosegue il suo viaggio in Sud America. Argentina, Uruguay, Brasile le tappe previste. A Buenos Aires non è andata proprio bene, come abbiamo riportato l’altro giorno. Il senatore Vittorio Pessina, responsabile di Forza Italia per gli italiani all’estero, taglia corto e parla di un vero e proprio flop. Tuttavia Boschi non si perde d’animo e continua a incontrare i connazionali e a partecipare a convegni e conferenze per convincerli a votare sì al referendum costituzionale. Ci riuscirà?
L’aria del no al referendum tira forte anche in America Latina, a quanto pare. Abbiamo parlato anche di questo su ItaliaChiamaItalia: i coordinatori locali del Pd sono contrari alla riforma Boschi-Renzi. Non è una sfida facile quella del ministro, che però non molla. E quando la accusano di avere speso 300mila euro di soldi pubblici per il suo viaggio in Sud America lei smentisce seccamente e parla di una cifra intorno ai 12mila euro.
Ad accompagnare il ministro Boschi c’è l’On. Fabio Porta, Pd, presidente del Comitato per le questioni degli italiani all’estero alla Camera. La visita di Boschi in Sud America l’ha organizzata lui, in coordinamento con Roma. Non ha voluto coinvolgere nessuno, nemmeno suoi colleghi di partito. E forse per questo i risultati non sono stati dei migliori. Non perché Porta non sia all’altezza del ruolo, ma perché da soli non si va da nessuna parte. Tutto diventa molto più complicato. Maria Elena, secondo quanto raccontano i corridoi di Montecitorio, non è affatto soddisfatta e questa se l’è segnata al dito.
Nel frattempo sul proprio profilo Facebook il deputato dem posta diverse immagini degli incontri che vedono Maria Elena protagonista insieme al referendum. Secondo Porta “la riforma istituzionale proposta dal governo Renzi e approvata dal Parlamento è l’unica concreta occasione dopo trent’anni di rispondere all’esigenza di superare il bicameralismo perfetto, riducendo il numero dei parlamentari e i costi della politica e dando maggiore efficienza all’azione dell’esecutivo e del legislativo”. “Tutto questo”, sottolinea, “confermando la rappresentanza degli eletti all’estero nella Camera che dà la fiducia al governo e rafforzando di conseguenza il processo riformatore degli organismi di rappresentanza degli italiani nel mondo, Comites e Cgie”.
Eppure, a proposito di rappresentanza, tra i principali esponenti della collettività italiana in America Meridionale – e non solo – l’orientamento verso il no, al di là della linea di partito, cresce soprattutto perché la riforma elimina i sei senatori eletti all’estero. “Così viene meno la rappresentanza degli italiani nel mondo all’interno del Senato”, è la critica. In qualche caso, è vero, è anche la scusa per votare no a una riforma tutto sommato buona – non vogliamo entrare qui nel merito, lo abbiamo fatto e lo rifaremo in altre occasioni – da parte di chi sogna una candidatura al Parlamento e una poltrona a palazzo Madama. Perché è evidente che se passasse il sì, con il nuovo Senato ci sarebbero sei caselle in meno da dover riempire, sei biglietti in meno per un volo diretto verso Roma, tutto pagato, per una vacanza di lusso a spese del contribuente.
Non sappiamo come finirà. Certo è che oltre confine, come in Italia del resto, a vedere gli ultimi sondaggi, la strada per la vittoria del sì è tutta in salita. Mancano due mesi al 4 dicembre, data del voto: c’è ancora tempo per convincere gli indecisi, che sono la stragrande maggior parte degli elettori, e per recuperare terreno. Tutto ancora può succedere. Molto dipenderà dal voto degli italiani all’estero, “il loro voto è importantissimo”, ha sottolineato Maria Elena Boschi. Sono circa il 10 per cento dell’elettorato totale. Mica poco.
Discussione su questo articolo